BEATRICE RASPA
Cronaca

La maxi operazione anti-ndrangheta di Brescia. “C’è un’inversione di ruoli: gli imprenditori ora cercano i mafiosi”

Oltre trenta arresti tra cui politici e una suora. L’allarme del procuratore Francesco Prete: “Ormai gli amministratori ne riconoscono l’autorità, la reputano un ente parastatale”

Brescia – Un’indagine che conferma un’evidenza: “Il radicamento al Nord delle organizzazioni criminali ispirate alle consorterie nate altrove, che pongono in essere condotte sfruttando la fama della casa madre adeguandosi alle peculiarità del nostro territorio”, Parola del procuratore Francesco Prete, che ieri alla presentazione della maxi operazione anti-ndragheta - oltre 30 arresti, tra cui politici e persino una suora, Anna Donelli - ha tracciato un quadro inquietante.

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Il procuratore capo di Brescia Francesco Prete e il questore Eugenio Spina durante la conferenza stampa in questura

“Oggi queste organizzazioni non disdegnano la violenza ma assumono sempre più spesso una mentalità para imprenditoriale. Danno una mano a chi vuole evadere le tasse con il meccanismo delle fatture false create da società fittizie, così da consentire l’abbattimento dell’imponibile. Hanno rapporti consolidati con politici locali che ne riconoscono l’autorità, li reputano un ente parastatale a cui rivolgersi per chiedere prestiti e finanziamenti, risolvere controversie, ottenere protezione nella riscossione crediti. Sono riconosciuti anche dalla criminalità locale, che prima di muoversi chiede un lasciapassare. Un radicamento tanto più insidioso perché resiliente - ha sottolineato il procuratore - che cambia pelle e rende le investigazioni sempre più difficili. Stando al pm della DDA Teodoro Catananti la famiglia Tripodi aveva un “capitale sociale” di valore elevato, che sfruttava.

“Il Dna dell’ndrangheta è sempre stata la riserva di violenza ma ora mostra anche questa capacità camaleontica di stare al passo con i tempi, cavalcando i reati fiscali”. Non a caso seguire il flusso dei contanti, che per rientrare nell’economia legale ha bisogno di società (fittizie, ndr), dà sempre buoni risultati, ha spiegato il comandante della Finanza colonnello Francesco Maceroni, ieri in conferenza con, tra gli altri, i massimi vertici di polizia, Arma, finanza, Sco e Scico.

“Assistiamo a un’inversione di ruoli, con gli imprenditori che cercano i mafiosi per trarne vantaggi. Le associazioni di categoria studino il fenomeno, non più residuale - è il monito di Prete - . Oggi molti imprenditori trovano più comodo affidarsi ai circuiti illegali, e con i politici ci sono rapporti di mutuo riconoscimento”. Il riferimento è a Giovanni Acri, ex consigliere comunale in Loggia per Fratelli d’Italia - fresco di un patteggiamento per una vicenda di corruzione -, amministratore pubblico e medico finito ai domiciliari con l’accusa di concorso esterno nel clan.

“Acri ha messo in modo continuativo a disposizione di esponenti apicali del sodalizio la propria attività professionale anche in occasione di ferimenti di esponenti di appartenenti al clan” ha scritto il gip, Matteo Guerrerio. Ma anche a Mauro Galeazzi, ex assessore in quota Lega a Castelmella che nel 2021 si candidò a sindaco (ma perse le elezioni) ai domiciliari per voto di scambio. Galeazzi era una vecchia conoscenza dei Tripodi, da cui si era fatto prestare soldi.

“Cerca di fare il sindaco che ti aiutiamo - lo esorta Stefano Tripodi intercettato - Se tu ti porti a sindaco, a noi interessa. E Galeazzi: “Lì gira un sacco di denaro”. Tripodi gli chiede se conosce Acri, “uno dei nostri”, ipotizzando che tutti i suoi pazienti sarebbero stati un buon bacino elettorale. Ormai certo di correre per la guida del Comune, Galeazzi riceve una rassicurazione “Tutti i calabresi della zona li facciamo votare a tutti”. Tripodi è esplicito: “Che cosa c’è da mangiare lì? Fammi mangiare per fare soldi. Con gli appalti, fammi entrare negli appalti“. Galeazzi ha già in mente una casa di riposo: “Ci sarebbe quello della RSA,sarebbe bello trovare qualcuno che gli interessa più o meno l’affare”.