
Le tombe dei bambini mai nati al cimitero Vantiniano di Brescia
Brescia, 31 maggio 2025 – Due anni di carcere. È la richiesta formulata ieri in aula dal pm Carlo Pappalardo per Monik Liliana Ilaria Peritore e Elisabetta Begni, rispettivamente responsabile dei servizi cimiteriali e direttrice di settore in Loggia, a processo in abbreviato con l’accusa di vilipendio di cadavere e di tombe.
La vicenda è relativa alla presunta rimozione irregolare da parte del Comune di oltre duemila feti - piccoli mai nati o sopravvissuti poche ore dopo il parto - sepolti al cimitero Vantiniano, un atto stando all’accusa portato a termine senza avere informato adeguatamente i genitori. La Procura contesta alle imputate di aver dato l’ordine tra il 26 maggio e il 24 novembre 2021 di rimuovere oltre 2.500 tombe “in evidente e spropositato contrasto con il fabbisogno accertato corrispondente a 164 esumazioni per il 2021/22”. Operazione condotta con le ruspe, senza sufficiente pubblicità e con dispersione dei resti di lapidi, tombe e targhette identificative, è la tesi accusatoria.
In aula ieri le undici famiglie costituite parte civile con gli avvocati Francesco Mingiardi e Gloria Girelli, che assistono 14 parti offese, allineate alle richieste di condanna dell’accusa. In più hanno chiesto un risarcimento danni pari a 150mila euro e una provvisionale di 10mila euro a famiglia. I genitori auspicavano nuovi scavi al cimitero per verificare l’eventuale presenza di resti o effetti personali disseppelliti con l’esumazione di massa, un’istanza posta come condizione per valutare l’apertura a una trattativa di risarcimento. Alla richiesta non era però stata data risposta positiva, così la trattativa era naufragata sul nascere. Il Comune è rimasto fuori dal procedimento e non è stato nemmeno citato come responsabile civile. La parola adesso passa alla difesa, rappresentata dagli avvocati Michele Bontempi e Luigi Frattini, che discuteranno il 26 settembre per perorare la tesi del rispetto delle procedure da parte delle loro assistite.