Caso Caffaro, la sentinella della bomba ecologica: "Io, licenziato dopo 32 anni di guardia"

A Maurizio Lopreato, 62 anni, è arrivata la lettera dell’azienda non più disponibile all’attività di tutela della falda

Maurizio Lopreato, primo a sinistra, davanti ai cancelli della Caffaro

Maurizio Lopreato, primo a sinistra, davanti ai cancelli della Caffaro

Brescia – Martedì mattina hanno organizzato un presidio di solidarietà per i colleghi licenziati, scioperando pur garantendo la gestione della barriera idraulica. Ieri si sono ritrovati sotto la Prefettura.

Nella corsa contro il tempo per risolvere il nodo Caffaro, con le sue potenziali conseguenze per la città, cresce la preoccupazione dei dipendenti che, finora, hanno garantito la gestione della barriera idraulica. Il timore è che la procedura di licenziamento pian piano riguarderà tutti. Maurizio Lopreato è uno dei due licenziati: 62 anni fra qualche mese, è stato portavoce dai colleghi.

Da quando lavora in Caffaro?

"Sono qui da 32 anni. Sono entrato quando Caffaro era Snia, poi ho vissuto i vari passaggi fino al 2011, quando è arrivata Caffaro Brescia. Come i miei colleghi, sono impiegato tecnico, non nel senso di ‘colletti bianchi’. Siamo operativi, quelli che gestivano la manutenzione e a oggi sono una delle persone che si occupano della gestione della barriera idraulica, del trattamento e controllo delle acque in uscita".

Lei è arrivato in Caffaro quando la produzione di Pcb era già finita. Dal 2001 è noto lo stato dell’inquinamento dell’area. Non ha mai avuto paura per la salute?

"No, perché abbiamo avuto un presidio medico costante e siamo stati sottoposti, annualmente, ai controlli di sangue, urine, spirometria, ciascuno in base alle mansioni".

Per la città, e non solo, Caffaro è soprattutto sinonimo di inquinamento. Come lo avete vissuto come lavoratori?

"Non abbiamo mai voluto nascondere la polvere sotto il tappeto, ma quando si parla di Caffaro si dimentica che, dall’altra parte, ci sono persone che hanno sempre fatto tutto ciò che c’era da fare, compresa la messa in sicurezza".

L’ultimo nodo da sciogliere riguarda la gestione della barriera idraulica, che senza di voi rischia di restar ferma.

"Nonostante lo sciopero di mercoledì mattina, abbiamo comunque garantito il funzionamento dei pozzi per l’emungimento, che non si può fermare. Noi siamo la memoria storica di questa azienda, abbiamo competenza ed esperienza per gestire il sistema di pompaggio".

Il licenziamento di giovedì è stata una doccia fredda, visto che il Ministero dell’Ambiente aveva appena annunciato di voler agestire la barriera, con un piano che prevedeva il mantenimento dei lavoratori, ormai 9. Se lo aspettava?

"No. Sapevamo che l’azienda voleva dare un messaggio forte al Ministero, ma non mi aspettavo che arrivasse la lettera. Noi siamo venuti al lavoro martedì, per senso di responsabilità verso la città".

Avete avuto contatti con le istituzioni? Il Comune?

"Tramite i sindacati. Da sempre tutti si dicono dalla nostra parte, ma la verità è che eravamo in 24 (quando Caffaro Brescia ha smesso la produzione, ndr ). Ora siamo nove".