
Dario Pezzoni, educatore della struttura camuna alternativa al carcere minorile
Breno (Brescia), 1 settembre 2020 - «I minori che compiono reati sono sempre più violenti e sempre più pericolosi per gli altri». A raccontare è Dario Pezzoni, educatore della comunità penale minorile della Valle Camonica dove risiedeva il sedicenne che la scorsa settimana ha costruito una bomba molotov e poi l’ha gettata per strada, fortunatamente senza che questa esplodesse. Nel giro di pochi giorni, dopo che il personale della comunità ha segnalato il fatto agli assistenti sociali e al Tribunale per i minorenni, l’adolescente è stato trasferito al carcere minorile Cesare Beccaria di Milano, dove trascorrerà almeno un mese. In seguito i giudici decideranno dove continuerà la sua pena, presumibilmente non in Valle Camonica.
«Questo ragazzo, appena arrivato, ha forzato la porta dell’autorimessa dove teniamo gli attrezzi che usiamo per fare alcune attività di volontariato sul territorio – racconta Dario Pezzoni –, poi ha rubato della benzina con cui ha costruito un ordigno artigianale. Eludendo tutti i controlli si è recato in giardino e da lì l’ha lanciato per strada. Non crediamo tornerà più in valle, perché quando si registrano episodi simili, i giudici preferiscono spostare i ragazzi in luoghi dove incontreranno altre persone. In questo caso preciso abbiamo avuto una risposta celere alla segnalazione fatta. Spesso questo non accade».
Attualmente nella comunità camuna sono ospitati nove ragazzi: otto di loro sono costretti negli spazi della comunità. Uno invece vive in appartamento e gode di uno stato di semiautonomia. «I ragazzi che arrivano da noi hanno compiuto dei reati – spiega Pezzoni –. Abbiamo chi ha avuto a che fare con la droga, con reati contro la persona o contro il patrimonio. Alcuni sono reati molto gravi, altri meno. Tutti all’inizio non possono uscire se non accompagnati da noi, non hanno la disponibilità di telefono e internet, ma non è detto che non provino a fare cose sbagliate, come è accaduto. Purtroppo ci siamo resi conto che c’è sempre più violenza tra i giovanissimi. Quando sono arrivato i ragazzi al limite facevano del male a sé stessi, per esempio procurandosi alcol.
Ora invece è successo il caso più grave del sedicenne. Noi attiviamo per ciascuno progetti personalizzati. Purtroppo non sempre funziona, soprattutto quando i ragazzi arrivano dal carcere minorile o da situazioni di degrado sia familiare che sociale. Gestire questi giovani è difficile, anche perché spesso non riceviamo risposte alle segnalazioni, che si accumulano, portandoli a credere di poter esagerare. Oltretutto molti di loro non hanno il concetto di reato, perché non solo nessuno a casa ha loro insegnato ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, ma anche perché prima di cadere nella spirale del crimine nessuno li ha davvero aiutati e assistiti».