
La base italiana “Mario Zucchelli’’
Bergamo, 21 febbraio 2016 - Temperature che spesso superano di molto i quaranta gradi sotto zero, distese sconfinate di ghiacci, condizioni climatiche generali praticamente proibitive per l’uomo, se si esclude lo sparuto gruppo di ricercatori che si alternano per studiare, fra le altre cose, le forme di vita possibili in un ambiente fra i più inospitali del pianeta: l’Antartide. Eppure per Fabio Baio, geologo originario di Caprino Bergamasco ma con studio a Villa d’Adda, il Polo Sud è diventato, negli ultimi anni, praticamente la “seconda casa”: ci è andato cinque volte, nell’ambito del Programma nazionale di ricerche nella zona che, nonostante le difficoltà economiche e la tagliola della spending review, il ministero per l’Istruzione, l’università e la ricerca ha continuato a finanziare. Sì, perché ciò che si può comprendere vivendo e sperimentando in quelle situazioni estreme schiude prospettive interessanti non solo per le cosiddette “scienze della terra” ma pure per l’astrobiologia e quindi per gli studi relativi ai pianeti fino ad ora ritenuti “privi di forme di vita”.
«Andiamo con ordine – precisa Baio, 60 anni il prossimo 21 giugno, ex allievo del Collegio vescovile Sant’Alessandro di Bergamo –. Non è vero che nelle aree interne del Polo Sud ci sono solo alcune comunità di pinguini, mentre muschi, licheni e alghe sono sulle rive del mare. In verità, e su questo si stanno concentrando molte delle sperimentazioni in atto, condotte soprattutto da un team di ricercatori dell’Università della Tuscia di Viterbo, nelle aree interne si trovano i licheni criptoendolitici». Semplificando al massimo, Baio spiega: «Si tratta di licheni che, per sopravvivere, si infilano nelle porosità della roccia, andandosi a rintanare in cavità di colore chiaro, così da consentire un minimo passaggio della luce per la funzione di fotosintesi, insinuandosi fino a 1-2 centimetri al di sotto della superficie».
Una serie di campioni, per ulteriori approfondimenti, arriverà in Italia in primavera: «Intanto – aggiunge il geologo bergamasco – nei quaranta giorni di permanenza tra la Dry Valley vicino alla base americana di Mcmurdo al 78° parallelo sud e la Mario Zucchelli Station a Baia di Terranova, abbiamo installato speciali sensori che, nei prossimi 12 mesi, registreranno i cambiamenti nelle superfici abitate dai licheni». E le implicazioni astrobiologiche? Ancora tutte da esplorare, ovviamente, anche se, si sbilancia Baio, «l’evidenza della tenacità dei licheni ha spinto i ricercatori a “spedire” i criptoendolitici nello spazio, dove sono stati posti per circa 18 mesi all’esterno della stazione orbitante dell’agenzia spaziale europea, senza nessuna protezione. È incredibile ma sono sopravvissuti a tutte le radiazioni ionizzanti e cosmiche: è un nuovo orizzonte che si spalanca davanti a noi».