GABRIELE MORONI
Cronaca

Omicidio Yara Gambirasio, continua la battaglia sui reperti: Bossetti attende

La difesa del muratore condannato all'ergastolo per la morte della ragazzina chiede da tempo di prendere visione delle provette con il dna dell'uomo

Yara Gambirasio e Massimo Bossetti

Yara Gambirasio e Massimo Bossetti

Bergamo, 21 novembre 2022 - Ancora un'udienza oggi e un nuovo capitolo nella storia infinita dei reperti del caso di Yara Gambirasio, di cui la difesa di Massimo Bossetti (condannato in via definitiva all'ergastolo per l'omicidio della tredicenne di Brembate di Sopra) chiede da tempo di prendere visione. L'udienza si è tenuta nel pomeriggio davanti alla Corte d'Assise di Bergamo, come giudice dell'esecuzione, presieduta da Donatella Nava. Per la Procura in aula il procuratore Antonio Chiappani e il pm Letizia Ruggeri; per la difesa del muratore di Mapello gli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini. La Corte si è riservata la decisione. La scorso aprile la Cassazione aveva rimandato ancora una volta la questione a Bergamo. I giudici della Suprema Corte erano chiamati a pronunciarsi su due ricorsi con cui i legali di Bossetti impugnavano altrettanti dinieghi venuti da Bergamo. Gli "ermellini" romani avevano giudicato ammissibili entrambi e rimandato gli atti a Bergamo per un nuovo vaglio. Un ricorso (quello discusso nella giornata di oggi) era perché la difesa potesse prendere visione di una serie di reperti (già autorizzata a suo tempo), a cominciare delle 54 provette con il Dna (prima architrave dell'accusa, poi pietra fondante del carcere a vita inflitto a Bossetti), gli slip di Yara con impressa la traccia biologica dell'assassino (quell'"Ignoto 1" che la genetica aveva identificato in Bossetti), i leggings, la biancheria, le scarpe , tutto quello che la piccola vittima portava con sé nella sua ultima serata di vita, il 26 novembre del 2010. E' il ricorso discusso oggi L'altro ricorso sarà al centro dell'udienza del 29 novembre. E' quello in cui  i difensori del muratore di Mapello chiedono di conoscere lo stato di conservazione dei reperti. In particolare le provette, conservate a lungo all'ospedale San Raffaele di Milano, vennero poi sequestrate dalla Procura bergamasca e trasportate nell'Ufficio corpi di reato del Palazzo di giustizia.