GABRIELE MORONI
Cronaca

Omicidio Yara Gambirasio, 23 nuove provette e la promessa degli avvocati di Bossetti: “Dimostreremo che non è Ignoto 1”

Bergamo, i difensori del carpentiere di Brembate condannato all’ergastolo chiederanno l’analisi degli ulteriori campioni di materiale genetico isolato sugli indumenti della vittima. Dieci anni fa l’arresto

Massimo Bossetti è stato condannato all'ergastolo per l'omicidio di Yara Gambirasio

Massimo Bossetti è stato condannato all'ergastolo per l'omicidio di Yara Gambirasio

Ci sono ulteriori 23 provette da diluizione oltre alle 54 con il Dna di "Ignoto 1" rimasto sugli slip e i leggings di Yara Gambirasio, poi geneticamente identificato in Massimo Bossetti, il carpentiere di Brembate di Sopra che sconta una condanna definitiva all'ergastolo per l'omicidio della tredicenne di Brembate di Sopra. Campioni anche questi, con ogni probabilità, irrimediabilmente deteriorati dopo essere passati dalla temperatura di -80° gradi dell'ospedale San Raffaele di Milano alla temperatura ambiente dell'Ufficio corpi di reato del tribunale di Bergamo. Claudio Salvagni e Paolo Camporini, difensori, di Bossetti, ne chiederanno comunque l'analisi.

I reperti

È stata la "scoperta" più significativa riservata questo pomeriggio nell'udienza davanti alla Corte d'Assise di Bergamo, quando, a dieci anni dall'arresto del loro assistito e a cinque dalla richiesta iniziale di esame (e non di una semplice presa visione, come è stata invece accordato), i legali dell'ergastolano hanno potuto vedere per la prima volta, oltre alle provette con il Dna, tutti i reperti legali della tragedia di Yara: la felpa, il giubbotto, i leggings, gli slip, la biancheria, i calzini, le scarpe che la piccola Gambirasio indossava la sera del 26 novembre del 2010, quando si smaterializzò per poi essere ritrovata senza vita, tre mesi dopo, in un campo a Chignolo d'Isola.

Al termine dell'udienza, parlando invece degli indumenti della vittima, i difensori hanno parlato "di orme di interesse che potrebbero essere oggetto di approfondimenti". In particolare la loro attenzione si sarebbe appuntata sui calzini (che mostrerebbero tracce di sangue sulla pianta) e sulle scarpe, che, al contrario, appaiono intonse.

Le 23 provette 

I margini di manovra per la difesa sono sicuramente strettissimi, scarse le speranze che il materiale genetico si possa essere anche minimamente conservato. Uno stato puntualizzato dall'avvocato Camporini: "Bisogna distinguere tra reperti e campioni. Per quanto riguarda i reperti, lo stato di conservazione è quello che ci aspettavamo, che consentirà ai nostri consulenti, se sarà loro permesso, di effettuare gli accertamenti. Per quanto riguarda i campioni, abbiamo constatato invece, di persona, quello che già temevamo, ossia che sono stati conservati a temperatura ambiente e quindi, probabilmente, si saranno deteriorati. Questo poi lo verificheremo. Erano nel polistirolo e il plasticone che serviva per mantenere il gelo è liquefatto. Vedremo se qualcosa è rimasto. Il nostro scopo è quello di andare oltre. Faremo istanza di analisi. Cerchiamo di essere ottimisti. Questo processo è fondato quasi esclusivamente sulle prove genetiche. Noi vedremo di dare un nuovo elemento rispetto a queste prove genetiche".

La polemica

Dall'avvocato Salvagni uno strale polemico: "Il processo è stato pesantemente condizionato dalla convinzione che il materiale genetico fosse esaurito e se anche fosse rimasto sarebbe stato inutilizzabile. Era vero l'opposto. Il Dna non era inesistente o scarso. Era invece abbondante al punto che è stato addirittura diluito. La sentenza di Appello e quella di Cassazione scrivono che era finito: questa affermazione è uno sbaglio storico. Abbiamo impiegato cinque anni solo per vedere i reperti e non per analizzarli come avremmo voluto. E' stato evitato il confronto su una materia che era determinante per l'innocenza o la colpevolezza di Massimo Bossetti. Prima o poi dimostreremo, senza 'se' e senza 'ma', che Bossetti non è Ignoto 1!. Non è l'assassino di Yara Gambirasio".