Yara, Bossetti si commuove in carcere. Per la prima volta parla con i figli: "Vedrete, torno presto a casa"

I legali presentano il ricorso contro l’ordinanza del gip di Gabriele Moroni

Yara Gambirasio e Massimo Bossetti

Yara Gambirasio e Massimo Bossetti

di Gabriele Moroni 

Brembate (Bergamo), 26 settembre 2014 - Una serata diversa, attesa a lungo, per Massimo Giuseppe Bossetti nel carcere bergamasco di via Gleno. L’uomo detenuto per l’omicidio di Yara Gambirasio ha potuto telefonare, per la prima volta, alla sua abitazione alla Piana di Mapello e parlare con i tre figli, un maschio di 13 anni e due bambine di 10 e 8. Una chiamata di dieci minuti, emozionata, che Bossetti ha concluso con una promessa: «Vedrete che tornerò presto». I difensori, Claudio Salvagni e Silvia Gazzetti, hanno presentato una istanza alla Procura di Bergamo perché il figlio maggiore possa fare visita al padre.  La difesa ha giocato la carta annunciata: un ricorso al Tribunale del Riesame di Brescia contro l’ordinanza con cui il gip Vincenza Maccora ha respinto la richiesta di scarcerazione. I legali la ripropongono attaccando i caposaldi dell’ordinanza di custodia in carcere, senza risparmiare qualche strale polemico al gip. «Si assume - è uno dei passaggi - come dimostrato quanto si dovrebbe invece dimostrare». Per la difesa «il giudice, nell’intento di motivare l’esistenza di gravi indizi, incorreva nel palese errore di pervenire a delle conclusioni, tramite quello che è definito dagli scriventi un “ragionamento circolare”, ovvero le premesse sono diventate le conclusioni stesse con un indubbio difetto di motivazione». Per approdare a una «dimostrazione meramente apparente» della colpevolezza dell’indagato. Bossetti è violentemente pericoloso e potrebbe reiterare un analogo reato? È l’accusa che deve dimostrare che una personalità, finora ineccepibile, è sovrapponibile a quella di un assassino. 

Il Dna del muratore su Yara. Gli esperti del Ris scrivono che non è consentito «diagnosticare in maniera univoca le tracce». Le tracce di calce. Sono state trovate sugli indumenti e sulle ferite di Yara. Ma secondo i difensori, a differenza di quanto sostiene l’ordinanza, la perizia autoptica non le ha evidenziate anche nell’albero bronchiale della vittima.

gabriele.moroni@ilgiorno.net