
Federico Gaibotti
Bergamo – Si è ucciso oggi nella sua cella del carcere di via Gleno a Bergamo, dov'era detenuto da una settimana, Federico Gaibotti, il 30enne che venerdì scorso aveva ucciso il padre Umberto Gaibotti, 65 anni, accoltellandolo nel giardino della casa di quest'ultimo a Cavernago.
Il compagno di cella
L’uomo condivideva la cella con un altro detenuto e, per precauzione, gli erano stati tolti tutti gli oggetti con i quali avrebbe potuto commettere atti di violenza su se stesso.
In bagno
Ma Federico Gaibotti è riuscito lo stesso a impiccarsi con la maglietta che aveva addosso: se l’è stretta intorno al collo e si è impiccato mentre era in bagno. A trovarlo è stato il compagno di cella che, non vedendolo tornare dal bagno, è andato a controllare e lì lo ha trovato già morto.
Ricovero in psichiatria
In mattinata il giovane era stato ricoverato nel reparto di Psichiatria del Papa Giovanni XXIII per degli accertamenti, e dopo la visita era stato riportato in via Gleno. Ora verrà avviato un procedimento per far piena luce su quanto accaduto. A partire dall’autopsia sul corpo dell’uomo.
Prima del funerale
Una tragica fine a 24 ore dal giorno in cui a Cavernago si svolgeranno i funerali del padre, domani venerdì 11 agosto alle 16 nella parrocchia del paese. E come aveva anticipato il sindaco, verrà proclamato il lutto cittadino.
L’omicidio
Venerdì 4 agosto Gaibotti, che da anni aveva problemi di tossicodipendenza, aveva ucciso il padre al culmine dell’ennesima lite. In base a quanto ricostruito finora, l’uomo si era presentato nell’abitazione del padre (la madre vive in un'altra casa dopo la separazione) insieme ad una ragazza rimasta ad aspettare in auto sulla strada. Gaibotti aveva chiesto al padre di prendere un I-pad per saldare un debito, quando tra i due era scoppiata la lite. Il genitore, spaventato dalla violenza del figlio era scappato in giardino, dove però era stato raggiunto dall’uomo e colpito con sei coltellate, che lo hanno ucciso. A lanciare l'allarme era stata la vicina sentendo le urla provenire dalla casa di Gaibotti. Quando i carabinieri erano arrivati Federico Gaibotti non aveva opposto resistenza ed era stato portato in caserma di Calcinate. L’accusa contro di lui era di omicidio volontario.