FRANCESCO DONADONI
Cronaca

Il padre ucciso dal figlio, Umberto e un incubo lungo sei mesi: "Voleva convincerlo ad andare in comunità"

Il trentenne Federico Gaibotti, ex tatuatore, aveva problemi di droga. Anche accertamenti sanitari obbligatori per cercare di aiutarlo.

Il padre ucciso dal figlio  Un incubo da sei mesi  "Voleva convincerlo  ad andare in comunità"

Il padre ucciso dal figlio Un incubo da sei mesi "Voleva convincerlo ad andare in comunità"

Cavernago (Bergamo), 5 agosto 2023 – A Cavernago, comune dell’hinterland, si sapeva della situazione di Federico Gaibotti, 30 anni. Della sua lotta contro la droga. Quando dava in escandescenze, talvolta erano intervenuti anche i carabinieri per riportare la calma.

Il delitto

Ieri il dramma familiare si è consumato. Federico impugna un coltello e si scaglia contro il padre Umberto, 64 anni, carpentiere (era titolare di un’impresa edile e tuttora lavorava) e lo ferisce mortalmente in giardino, dove si era rifugiato per scappare alla furia del figlio. All’origine, forse, una richiesta di denaro per acquistare la dose.È successo ieri alle 13 in via Verdi. Il giovane, fermato dai carabinieri, è stato portato nella caserma di Calcinate a disposizione del pm di turno, Laura Cocucci, che contesta l’omicidio volontario.

Il sindaco

"È una tragedia che lascia sgomenti, senza parole. E forse il silenzio è la via migliore per affrontare una situazione così drammatica, nella consapevolezza che dobbiamo sempre di più impegnarci a capire i nostri giovani e i loro disagi". Il sindaco Giuseppe Togni esprime tutto il dolore per la tragedia. I genitori di Federico Gaibotti sono separati. La mamma Cristina vive a Seriate con l’altro figlio, mentre il 30enne aveva deciso di stare con il padre. Per un po’ aveva fatto il tatuatore, aveva un’attività a Martinengo.

"Fragile ma non violento”

"Sono entrambi conosciuti in paese. Il giovane aveva manifestato un problema di tossicodipendenza – continua il primo cittadino – da almeno sei mesi, tanto che anche noi, come Amministrazione comunale, eravamo intervenuti in aiuto, sollecitati dalla famiglia per via di alcuni episodi. Avevamo firmato anche accertamenti sanitari obbligatori, proprio in aiuto a Federico. La volontà della famiglia era di avviarlo in comunità, scelta che credo non trovasse il consenso del giovane. Mi dicono alternasse momenti di lucidità ad altri di assoluto vuoto, tanto che spesso lo si vedeva vagare per il paese. Non lo avevano mai descritto come violento, piuttosto come un giovane fragile, da capire e da aiutare. Nell’ultimo mese era peggiorato. Per la sua famiglia, alla quale siamo vicini, non è mai stato facile gestire una situazione così delicata e dolorosa".