
Monia Bortolotti e i figli, Mattia e Alice
Bergamo – “Sia al momento dell’omicidio volontario di Alice sia al momento dell’omicidio volontario di Mattia, l’imputata - Monia Bortolotti - era perfettamente capace di intendere e di volere e la responsabilità della medesima deve essere affermata in relazione ad entrambi i reati. Se non si vuole che il pianto di Alice e di Mattia rimanga, ancora una volta, inascoltato e soffocato”. È uno dei passaggi finali della lunga requisitoria (durata oltre 4 ore) con cui la pm, Maria Esposito, oggi davanti alla Corte d’assise (presidente Ingrascì, a latere il collega Guadagnino) ha chiesto la condanna alla pena dell’ergastolo dell’imputata con isolamento diurno per la durata di mesi sei. Dunque per il pubblico ministero che sin dall’inizio si è occupata di questa vicenda, Monia Bortolotti, 29 anni, è responsabile di aver ucciso i suoi due figli, Alice e Mattia rispettivamente di 4 e 2 mesi, a distanza di un anno l’una dall’altro: la prima nel novembre del 2021, il fratellino nell’ottobre del 2022.
L’imputata attualmente si trova nella Rems di Castiglione delle Stiviere dove viene continuamente monitorata e sottoposta a cure. Un processo, questo, dove hanno avuto un ruolo importante i risultati delle perizie cui sono giunti i consulenti del pm (piena capacità di intendere e volere) della difesa e quelli nominati dal tribunale (totale incapacità di intendere e volere al momento dei fatti). Diversi aspetti dell’intera vicenda “non consentono invero di valutare separatamente i due casi, ed anzi impongono una disamina indissolubilmente congiunta. Del resto, la stessa imputata ha sempre cercato sin dall’inizio, dopo il decesso di Mattia, di trovare similitudini fra il decesso del piccolo e la morte di Alice”.
E ancora: “C’è un unico filo conduttore, che si snoda a partire dalla personalità di Bortolotti, dalla sua evidente immaturità, dal suo modo di affrontare i problemi, gli ostacoli e le avversità, nonché dal suo sentirsi inadeguata come madre”.
Monia è stata adottata da piccola in una comunità in India. E cresciuta in una famiglia adottiva, con un “padre molto presente, accudente, protettivo e complice, e con una madre definita distaccata, fredda, severa e ipercritica, con la quale la stessa ha dunque un rapporto conflittuale”. Il difensore dell’imputata, avvocato Bosisio, parlando della sua assistita ha sottolineato che “Monia mai ha confessato di essere responsabile della morte di Alice e di Mattia (quest’ultimo, per la difesa non era un bimbo sano ma con una variante rara di un genoma che modificava il profilo genetico, aspetto sui cui riflettere)”. Poi il vissuto: da “piccola adottata, la vita di Monia con sua madre adottiva inaffettiva che più volte le aveva detto ti rimando in India. La storia con un uomo molto più vecchio di lei, difficoltà emerse anche nelle perizie e su cui riflettere”. Alla fine il difensore ha chiesto l’assoluzione, la concessione delle attenuanti generiche, in subordine il proscioglimento per l’incapacità di intendere e volere.