Bergamo, 10 maggio 2024 – Dopo l’archiviazione del filone in cui erano stati chiamati in causa l’ex premier Conte, l’allora ministro della Salute Speranza, il presidente della Regione Lombardia Fontana, l’ex assessore regionale al Welfare Gallera, il presidente del Cts Locatelli e i membri del Comitato (tra cui Brusaferro, Borrelli, D’Amario e Ippolito) - gli atti erano stati trasmessi per competenza al tribunale dei ministri a Roma - di quell’inchiesta sulla prima fase della pandemia Covid del 2020 restava la parte più “locale”, di competenza territoriale e su cui la procura di Bergamo ha chiesto l’archiviazione.
Documentazione raccolta in 43 faldoni sulla scrivania del gip, che si dovrà esprimere sulla richiesta di archiviazione. Potrà accoglierla e archiviare, restituire gli atti alla procura per chiedere ulteriori indagini o disporre il rinvio a giudizio coatto. Le parti offese, tra cui i membri dell’associazione #sereniesempreuniti, familiari delle vittime del Covid, per il momento non hanno presentato opposizione.
Tra i capi di incolpazione sui cui di deve pronunciare il gip, c’è il reato di epidemia colposa e falso ideologico nei confronti di Francesco Locati e Roberto Cosentina, il primo direttore generale dell’Asst Bergamo est (ospedale di Alzano Lombardo, dove il 23 febbraio 2020 venne chiuso e riaperto poche ore dopo il Pronto soccorso), il secondo direttore sanitario dell’azienda. Per aver (Cosentina) attestato in una nota ad Ats di aver immediatamente adottato le misure previste dopo i primi casi sospetti e la conferma della positività al tampone; invece, la procura contestava che la sanificazione del pronto soccorso e dei reparti fu incompleta. Per i falsi, la procura ha concluso che non sussistesse il dolo.
Locati, Cosentina e Giuseppe Marzulli (dirigente medico dell’ospedale di Alzano Lombardo e responsabile della gestione delle emergenze sanitarie) sono finiti indagati per epidemia colposa: i primi due per non aver verificato la disponibilità di guanti, mascherine, tute e altri dispositivi di protezione, il terzo per non aver verificato il fabbisogno dei presidi di protezione e le dotazioni, e di non aver vigilato sull’utilizzo delle mascherine, dei guanti e dei camici. In questo modo, secondo le iniziali incolpazioni, provocarono il contagio di 35 operatori sanitari e la morte di due persone. Tutte condotte omissive.
Massimo Giupponi, direttore generale dell’Ats di Bergamo (confermato a dicembre), è finito indagato per aver attestato in atti pubblici fatti non rispondenti alla verità. In particolare, nella nota alla Regione Lombardia del 28 maggio 2020 in risposta all’interrogazione del consigliere Niccolò Carretta, per aver indicato che l’andamento dei ricoveri era monitorato, che i pazienti arrivati al pronto soccorso di Alzano Lombardo fossero stati trasferiti in altri presidi con la creazione di aree di isolamento per quelli con sintomi sospetti. E che, dal 23 febbraio 2020, venne immediatamente adottata la procedura di sorveglianza; cosa non vera, secondo la procura. Giupponi è stato indagato anche per rifiuto di atti d’ufficio, per aver omesso di dotare Ats "in tempo reale" di un adeguato piano di sorveglianza attiva se non dopo il 2 marzo 2020.