Il tribunale di Bergamo sta annullando il riconoscimento delle famiglie omogenitoriali

Due casi in poche settimane. Nell’ultimo, il giudice ha stabilito di cancellare il nome di una delle due mamme dal certificato di nascita di una bimba di 9 mesi

Viola, Michela e la figlia Giulia, di nove mesi

Viola, Michela e la figlia Giulia, di nove mesi

Giulia ha nove mesi di vita e prima del 6 aprile aveva due mamme. Dopo il 6 aprile, una delle due è stata legalmente cancellata dalla sua vita per decisione del tribunale di Bergamo. Il giudice, su richiesta della Procura bergamasca, ha stabilito la cancellazione dal certificato di nascita della bimba del nome della madre non biologica.

Per lo Stato Italiano, la madre non biologica diventa un’estranea: non potrà andare a prendere la figlia a scuola, né occuparsene in caso di impedimento della madre biologica. Le due mamme, Viola e Michela, hanno chiesto attenzione sulla questione “sperando che in Italia nessun bimbo o bimba debba più trovarsi nelle condizioni di Giulia”.

Il caso di Giulia

La bimba era stata partorita a giugno dalla mamma, Viola, e concepita in Spagna tramite fecondazione eterologa (cioè tramite donazione di spermatozoi). Lei e la compagna, Michela, avevano deciso insieme di seguire quel percorso e in Spagna erano entrambe state riconosciute come madri. Qualche settimana dopo la nascita, Michela ha chiesto il riconoscimento legale del legame di parentela in Italia e il 3 agosto il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, aveva registrato il certificato di nascita a nome delle due madri.

Dopo qualche mese, la Procura di Bergamo aveva impugnato quell’atto, chiedendo al tribunale di rimuovere il nome della madre non biologica. Il 6 aprile il tribunale si è pronunciato e seguendo l’orientamento prevalente delle Corti di Cassazione – il terzo e ultimo grado di giudizio e di legittimità in Italia – ha dato ragione alla Procura. Ora, quindi, per lo Stato Italiano Michela non è più la madre di Giulia.

I precedenti a Bergamo

Il caso di Giulia non è il primo. Il tribunale bergamasco ha annullato il riconoscimento di un’altra famiglia omogenitoriale il 23 febbraio scorso e in un terzo caso ha rimandato la decisione ad un altro tribunale (poiché il figlio in questione era nato in un’altra provincia). In Italia, le sentenze di questo tipo stanno aumentando di settimana in settimana.

Il tema fa discutere da quando, a gennaio, il ministero dell’Interno aveva chiesto a tutti i sindaci di non trascrivere automaticamente i certificati di nascita dei figli nati all’estero con la “gestazione per altri”, cioè quando la gravidanza viene portata avanti da una persona esterna alla coppia. Poco dopo, la prefettura di Milano aveva esteso questa direttiva anche alle coppie di donne che avessero fatto ricorso alla fecondazione eterologa (come quella di Viola e Michela). Diversi sindaci si stanno ribellando a queste decisione.

Come funziona il riconoscimento di figli di coppie omogenitoriale

In Italia, il riconoscimento dei figli di coppie omogenitoriali cambia a seconda del sesso dei genitori. In generale, due papà possono essere genitori solo tramite gestazione per altri: una modalità è illegale in Italia. Quindi a due maschi non resta che andare all’estero per essere riconosciuti come padri. Quell’atto di riconoscimento, tuttavia, non è trascrivibile in Italia in quanto contrario all’ordine pubblico: ha deciderlo è stata la Cassazione.

Diverso il caso di due mamme: se una delle due porta avanti la gravidanza la questione della gestazione per altri non sussiste e quindi, se le due mamme vengono riconosciute all’estero tale atto di riconoscimento è trascrivibile.

Senza legge, comandano i giudici

Il punto, nel caso di Bergamo è che la bambina non è nata all’estero ma in Italia. E su questo tipo di riconoscimento, la giurisprudenza è confusa. Di fatto, la legge italiana non la prevede e non la vieta. Quando i giudici devono pronunciarsi – e lo fanno sulla base della legge 40 sulla fecondazione assistita – a volte decidono a favore delle coppie omogenitoriali, altre volte contro.

Il problema è che non esiste una legge specifica. Nel 2021 la Corte Costituzionale – il massimo organo giurisdizionale italiano – ha chiesto al Parlamento di intervenire per riempire questo vuoto normativo. Ma i legislatori non hanno provveduto, lasciando quindi ai singoli giudici ampi margini di discrezionalità.