In fuga dal Pd, sale sul palco di Parisi: "Accoglie il mio Islam che non impone il velo"

La portavoce somala Maryan Ismail al Megawatt: "Contraria alla costruzione della moschea per tre motivi"

Maryan Ismail

Maryan Ismail

Milano, 17 settembre 2016 - «Mi sono ribellata perché non sono stata ascoltata». Così ha parlato Maryan Ismail, ieri, alla convention di Stefano Parisi. A giugno correva contro di lui alle comunali di Milano. Dopo la vittoria di Sala la portavoce della comunità somala, non eletta, ha lasciato la segreteria metropolitana del Pd, accusando il partito d’aver sostenuto la neoconsigliera Sumaya Abdel Qader del Caim, esponente di «un Islam politico, ortodosso e oscurantista, che racconta che le donne senza velo come me non sono musulmane. Io vedete non porto il velo, ma lo sono». Applausi.

Al Megawatt comincia dalla sua storia, l’infanzia a Mogadiscio, «in un Paese socialista. Ho una formazione di sinistra, laica e progressista: è il mio ambito, non che l’altro non sia altrettanto onorevole». La famiglia «libera, laica, rispettosa di tutti. Non ho mai fatto distinzione tra musulmani, ebrei, cattolici, agnostici: per me sono sempre stati persone». Poi la guerra e la fuga, «siamo arrivati in Italia come rifugiati», come i somali e gli eritrei che oggi «scappano dalle bombe jihadiste », e per i quali «ho condotto molte battaglie».

Poi, «l’anno scorso mi sono ribellata». Suo fratello, diplomatico come il padre, è morto in un attentato degli islamisti di Al-Shabaab. Lei, musulmana sufi, si è schierata «contro la costruzione di una moschea a Milano. Credo sia un diritto costituzionale pregare in un luogo sicuro, accogliente, riconosciuto, giusto». Ma a quella moschea - quella dei bandi vinti da sigle vicine al Caim, poi annullati - «mancavano tre requisiti: non scindeva la religione della politica, non metteva le donne come protagoniste, non accoglieva tutte le anime dell’Islam». «Poi mi sono poi trovata a concorrere alla formazione del nuovo consiglio comunale accanto a una persona che incarnava l’Islam che avverso. Non perché non debba esistere, ma perché è una narrazione che non accetta quel che siamo noi. Il mio Dio è stato violentato, una moltitudine silenziosa di musulmani si trova da un lato considerata portatrice di malvagità, dall’altro annientata da altri musulmani». Parisi, dice Ismail, «accoglie e vuole misurarsi con quest’Islam che è la maggioranza. La sua visione è anche la mia». La platea (di Parisi) l’applaude.

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