Disforia di genere, in Lombardia è scontro: la Lega vuole vietare la triptorelina. Cos’è e perché è osteggiato

Dal Carroccio la richiesta di stop al medicinale che frena lo sviluppo puberale. L’opposizione: nuovo attacco transfobico

Una recente manifestazione davanti al palazzo della Regione Lombardia

Una recente manifestazione davanti al palazzo della Regione Lombardia

Milano – La mozione 153, sottoscritta da dieci su quindici consiglieri della Lega al Pirellone, è calendarizzata al consiglio regionale di martedì. E se non è ben chiaro come potrebbe la Regione accoglierla, vietando in Lombardia la somministrazione di un farmaco off label (“fuori etichetta”, cioè per impieghi diversi da quelli per i quali era autorizzato in origine) che da più di cinque anni è disciplinata a carico del servizio sanitario nazionale dall’Aifa (l’Agenzia italiana del farmaco), nel reattivo clima pre-elezioni europee s’è già innescata la polemica politica: "Piccoli Vannacci crescono", tuona il consigliere regionale del Patto civico e fondatore dei Sentinelli Luca Paladini che ha sollevato il caso.

Al centro c’è la triptorelina, un ormone prescritto soprattutto da endocrinologi e urologi che blocca la secrezione delle gonadotropine, gli ormoni che determinano la maturazione degli ovociti o degli spermatozoi e degli ormoni sessuali (testosterone nei maschi ed estrogeni nelle femmine). Si usa da decenni su maschi con tumori della prostata e femmine in pre-menopausa con tumori della mammella per inibirne la progressione, e anche nei bambini con pubertà precoce (a meno di otto-dieci anni).

Ma la mozione si riferisce al suo utilizzo off label per bloccare lo sviluppo in adolescenti con disforia di genere (sofferenza causata dal percepire la propria identità di genere diversa da quella associata al proprio sesso biologico), in modo da permettere valutazioni psicologiche successive e rendere più semplice un cambio di genere se la persona deciderà di intraprenderlo in futuro: nel 2019 l’Aifa ha autorizzato questo impiego “extra etichetta” della triptorelina a totale carico del servizio sanitario nazionale, a patto che la diagnosi sia confermata da un’équipe multidisciplinare e "l’assistenza psicologica, psicoterapeutica e psichiatrica non sia risolutiva" della sofferenza dei ragazzini.

La non perfetta applicazione di questi paletti è stata contestata dagli ispettori del ministero della Salute al centro dell’ospedale fiorentino di Careggi, il più importante della manciata di strutture accreditate per la disforia di genere in Italia (in Lombardia ce n’è una all’ospedale Niguarda di Milano), che nel 2023 ha prescritto la triptorelina a 26 pazienti. Numeri piccoli, che rendono più complessi studi sul rapporto rischi-benefici e per questo tra gli esperti c’è dibattito, non solo in Italia: a marzo il servizio sanitario pubblico britannico ha sospeso la prescrizione della triptorelina nei centri per la disforia di genere.

"Succede in un Paese “friendly” verso il tema 2gender", sottolinea Alessandra Cappellari, la consigliera della Lega prima firmataria della mozione, che assicura di non avere "intenti ideologici. Il messaggio è: fermiamoci e approfondiamo, capiamo", aggiunge, sostenendo che la richiesta di "vietare la prescrizione della triptorelina in Lombardia in tutti i casi non previsti dalla scheda del prodotto" non avrà conseguenze pratiche dato che "non mi risulta che in Lombardia ci sia qualcuno che ne fa uso attualmente. È una richiesta di cautela", nell’attesa di un "tavolo ministeriale" di cui s’impegna la giunta a sollecitare "l’attivazione". La quale in realtà dovrebbe essere già avvenuta, a dar credito a un comunicato dei ministri della Salute e della Famiglia del 24 marzo scorso. Intanto, l’opposizione denuncia "una mozione nuovamente dalla venatura transfobica, dopo quella sulle carriere alias" nelle scuole, presentata l’anno scorso da una pattuglia di consiglieri in maggioranza di FdI e "bocciata" dall’aula, ricorda Paladini.

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