Passera: «Io, in campo per Milano. Le darò il grande futuro che merita»

«Alternativi al renzismo e a Salvini. In squadra, i talenti migliori» di Giancarlo Mazzuca e Sandro Neri

Da destra: Giancarlo Mazzuca, direttore del «Giorno», il leader di Italia Unica, Corrado Passera, e il caporedattore Sandro Neri

Da destra: Giancarlo Mazzuca, direttore del «Giorno», il leader di Italia Unica, Corrado Passera, e il caporedattore Sandro Neri

Milano, 7 giugno 2015 - Il progetto, strutturato per gradi, è a lungo termine: «Iniziamo dalle amministrative del 2016, ma guardiamo alle politiche del 2018». L’obiettivo è convogliare il voto dei moderati, ma attorno a un’idea più ampia di quella del semplice partito: «Per fare grandi cose, serve grande consenso e quindi servono grandi alleanze. Il tema, se parliamo delle elezioni comunali di Milano, è come mettere insieme una maggioranza capace di esprimere il sindaco, sottraendosi alle sigle e concentrandosi su un programma ambizioso e molto condiviso. Unico, fondamentale perno per aggregare». Corrado Passera ha appena raccolto il lungo applauso che la Direzione nazionale di Italia Unica, riunita a Milano, ha riservato al suo annuncio di candidarsi a sindaco di Milano. «Se in giro c’erano ancora dubbi - scherza - ora sono stati fugati». Al «Giorno» la sua prima intervista da candidato sindaco.

Dottor Passera, per la politica non è un bel momento: chi glielo fa fare? «Italia Unica vuole incarnare quell’idea di politica che ancora gode della fiducia dei cittadini perché vicina ai loro problemi. E portare vero cambiamento a livello nazionale. Da un anno a questa parte abbiamo appoggiato molti sindaci in varie realtà, ora, come da programma, è arrivato il momento di presentarci direttamente in molte città. Le amministrative del 2016 sono soltanto la prima scadenza. Italia Unica sarà una delle grandi liste che appoggerà una nuova proposta per Milano».

Vediamola. Lei ha definito la sua candidatura un’alternativa al renzismo «senza cadere nel salvinismo». Nel dettaglio? «Le nostre proposte, che dopo un confronto con tutte le energie della città saranno definite in un programma molto concreto, abbracciano un ventaglio ampio: dallo sviluppo delle imprese più innovative e internazionali al sostegno al terzo settore, dalla valorizzazione della cultura alla lotta alla povertà, dalla spinta al sistema universitario al garantire una voce alle partita Iva e al mondo dell’artigianato, del commercio e delle piccole imprese, fino a dare risposte ai tanti che chiedono più sicurezza. Tema, questo, oggi molto sentito. Poi ci sono l’ecologia, l’aria che respiriamo e il verde, la Sanità. Milano, per esempio, potrebbe diventare una delle grandi capitali della Sanità in Europa. Per ottenere questo e molto altro occorre trovare accordi su aree più larghe di quelle garantite da singoli partiti».

Da qui la sfida al Pd e al renzismo? «La democrazia ha bisogno di due grandi gambe per garantire almeno due vere alternative di governo. In Italia una delle due gambe non c’è più. Manca una proposta moderata, liberaldemocratica. Noi parliamo a chi ha votato Matteo Renzi perché non c’era alternativa; parliamo a chi non ha votato o a chi ha scelto il voto di protesta perché sta male. Il popolo delle partite Iva, per esempio».

Inevitabile un confronto col passato: Passera come Silvio Berlusconi nel ’94 o come Letizia Moratti quando scese in campo per Milano? «Da alcuni dei sindaci di Milano c’è sicuramente da imparare. Penso a Gabriele Albertini, che ha fatto ritrovare la fiducia ai milanesi nella buona gestione. A Letizia Moratti, che ha assicurato l’Expo 2015 a Milano. Per alcuni singoli aspetti anche a Giuliano Pisapia. Ma Milano può puntare oggi molto più in alto. Il problema è che ha il freno tirato, non è ancora considerata come grande città del mondo. E questo è entusiasmante per chi, come me, può coordinare un grande programma condiviso per raggiungere questo obiettivo».

Qualcuno potrebbe pensare: Passera come Renzi, prima sindaco e poi premier... «Dietro di me ci sono trent’anni di impresa privata e servizio pubblico, di credito e di impegno per il no-profit. Io non ho fatto solo politica: per me la politica è un arrivo, non come per chi ha fatto della politica l’unica professione. Una delle novità più belle che possiamo offrire a Milano è mettere insieme tutte le sue diverse componenti: pubblico e privato potranno più facilmente lavorare in sinergia. Con la mia storia personale ho dimostrato che si può mettere il turbo al mondo del no-profit anche dal punto di vista finanziario».

Qual è la molla che l’ha spinta a tentare questa scommessa? «L’Italia ha tante energie che funzionano; l’amministrazione e la politica, però, non sono fra queste. Credo di poter portare esperienza, voglia di ambizione per il Paese. Milano è casa mia, può costituire l’esempio migliore che se si accelera una grande città può trascinare un intero Paese. Saranno i cittadini a scegliere, ma sono convinto che la grande preoccupazione per lo stato in cui versa l’Italia non sia solo mia, ma condivisa da moltissime persone. Milano e le altri grandi città italiane possono fare da motore per il cambiamento. E noi ci saremo. In tutte».

L’Expo di Milano è un’opportunità o un’occasione persa? «I milanesi vedono l’Expo come un ulteriore acceleratore. Il risultato è stato arrivare puntuali all’apertura, dopo che Milano all’inizio aveva dato il peggio di sé. Manca ancora molto, forse anche una vera ricaduta per la città. Mi auguro che arriverà. La critica che faccio è che è assurdo non sapere ancora cosa sarà il dopo-Expo».

L’Europa è un problema? «Oggi ci sta dando un aiuto formidabile per crescere. Senza gli interventi di Mario Draghi saremmo ancora in zona negativa. L’Ue avrebbe i mezzi per far ripartire la crescita, manca solo una leadership coraggiosa per lo sviluppo. Senza una politica comune sull’immigrazione pagheremo un prezzo altissimo».

In questo lei è lontano da Matteo Salvini. Con la Lega nessuna alleanza? «Sul piano della politica internazionale e nazionale ci sono posizioni inconciliabili. Ma dopo le regionali alcune posizioni ideologiche potranno cambiare e a livello locale si potrà discutere di problemi e soluzioni».

Vi siete sentiti? E con Berlusconi? «Noi siamo pronti a confrontarci con tutti. Ma lo faremo da oggi in avanti».

Berlusconi farà fatica ad accettare lei come leader dei moderati... «Se avrà proposte migliori, le metta in campo. Io voglio offrirmi come massimo comune denominatore, come base per una grande coalizione per il Paese, basata su un largo consenso e non sulle attuali bandiere».

La sua squadra? «Cercheremo persone in gamba in tutti i settori, senza conflitti d’interesse».

Come vede la Milano di Corrado Passera? «Attiva, intraprendente, internazionale. Uno di quei posti in cui non si può non essere. Capitale della crescita e della buona amministrazione».

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