Coppia dell'acido, il padre di Martina rompe il silenzio: "Una ragazza come le altre, rovinata dall'incontro sbagliato"

«Mia figlia, quando le è stato detto che non avrebbe potuto tenere il bambino e che sarebbe dovuta rientrare in carcere, si è sentita stretta in una morsa, come un animale in gabbia. Non sapevo più come fare per aiutarla». Vincenzo Levato è un uomo tormentato, confuso, quasi sopraffatto dalla vicenda giudiziaria che vede protagonista la figlia Martina di Benedetta Della Rovere

Martina Levato (Newpress)

Martina Levato (Newpress)

Milano, 23 agosto 2015 - «Mia figlia, quando le è stato detto che non avrebbe potuto tenere il bambino e che sarebbe dovuta rientrare in carcere, si è sentita stretta in una morsa, come un animale in gabbia. Non sapevo più come fare per aiutarla». Vincenzo Levato è un uomo tormentato, confuso, quasi sopraffatto dalla vicenda giudiziaria che vede protagonista la figlia Martina. La ragazza, che ieri ha compiuto 24 anni, è stata condannata a 14 anni per aver sfigurato con l’acido, insieme all’amante complice Alexander Boettcher, l’ex compagno di liceo Pietro Barbini.  «Quello che ha fatto, se davvero lo ha fatto, è certamente grave – ammette papà Vincenzo – ma l’immagine che è uscita dall’inchiesta è completamente diversa dalla realtà». Martina «è intelligente, studiava e prendeva buoni voti – spiega – è una ragazza come tante, che ha avuto la sfortuna di incontrare la persona sbagliata, che l’ha rovinata. Un conto sono i processi che la riguardano – aggiunge – un altro è il futuro di mio nipote». Il piccolo, nato nella notte di Ferragosto, è stato affidato dai giudici minorili al Comune di Milano e da due giorni è ospitato in una struttura abbastanza vicina a San Vittore da permettere a Martina – che nel frattempo è stata trasferita nell’infermeria del carcere – di continuare a vederlo per un’ora al giorno. Anche Alexander una volta ottenuto il via libera da parte del Tribunale, potrà incontrare il piccolo. «Dopo tanta tensione, adesso vorremmo che sulla nostra famiglia calasse un po’ di silenzio», chiede la mamma Maria.

«Ringraziamo le persone che ci sono state vicine e chi ha sollevato il problema di nostra figlia e nostro nipote. Per noi, però, adesso è fondamentale ritrovare un briciolo di serenità, per riuscire a trasmetterla anche a loro nelle poche occasioni che avremo di stare insieme». Proprio per definire tempi e durata delle visite, lunedì mattina i genitori di Martina incontreranno i responsabili dei servizi sociali, negli uffici di via Dogana. «La speranza – raccontano – è quello di portare a casa con noi questo bimbo e di permettergli di stare con Martina». Per consocere la decisione sull’affidamento del piccolo, bisognerà attendere almeno il 30 settembre. Data in cui i giudici decideranno se affidarlo ai nonni, che nel frattempo saranno sotto la lente degli assitenti sociali, oppure se darlo in adozione. Quello con il tribunale dei minori non è l’unico appuntamento cruciale che la coppia dell’acido dovrà affrontare il mese prossimo. Il 16 settembre Alexander tornerà in aula, davanti ai giudici dell’Undicesima sezione penale. È accusato, con Martina e il complice Andrea Magnani (per loro il processo in abbreviato inizierà il 18) dei blitz contro Stefano Savi, anche lui sfigurato dall’acido, per l’attacco fallito a Giuliano Carparelli e per il tentativo della ragazza di evirare l’ex compagno di studi Antonio Margarito. Alex, pur dicendosi innocente, ha manifestato «la sua partecipazione al dolore delle vitttime» alle quali finora non si era rivolto «nel timore che potesse essere considerata una iniziativa non genuina», ha spiegato il suo avvocato Alessandra Silvestri. Parole simili a quelle che aveva già pronunciato in aula il 13 luglio scorso. Il trentenne è anche «pentito del suo passato stile di vita» che lo ha portato a commetere scelte sbagliate. «Vorrei farmi carico delle mie responsabilità di padre nel modo più completo possibile», ha fatto sapere e dopo la nascita del figlio intende guardare al futuro, senza però che il matrimonio con Martina «sia il fine ultimo del percorso intrapreso».

 

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