
L’iniziativa all’Istituto De Amicis: una cinquantina di donne iscritte e due uomini da tutto il mondo
Sorride Badia, guarda la maestra Isabella che la guida nell’apprendimento della lingua italiana, sorride contenta perché ha scritto una nuova parola sul suo quaderno, è libro, in stampatello. Un altro piccolo passo, ma importante, per Badia, marocchina, mamma di due bambini, alunni dell’Istituto comprensivo De Amicis, tra le persone che partecipano al progetto “Donne e minori - Tra integrazione e cittadinanza“. La matita stretta tra le dita, con attenzione prosegue l’esercizio, ha imparato prima di tutto l’alfabeto e poi a scrivere: ogni parola è un successo perché Badia è arrivata in Italia analfabeta, ma ora c’è quel quaderno a raccontare i suoi progressi del quale sono contenti anche i suoi bambini, che a casa danno un’occhiata ai compiti della mamma.
Quest’anno al corso che si tiene due giorni alla settimana, di mattina, il lunedì e il mercoledì, alle De Amicis, scuola aperta alla mondialità, sono una cinquantina le donne iscritte, due gli uomini, che frequentano con le mogli: sono una coppia bielorussa e una tunisina.
Avviato dodici anni fa, strutturato su due livelli di conoscenza, è convenzionato con il Cpia (centro provinciale istruzione adulti) che consente, superato un esame, di ottenere la certificazione linguistica. Racconta Cinzia Berutti, insegnante da poco in pensione e tra i 14 volontari del progetto: "Il corso è nato per rispondere alla domanda di una mamma straniera, romena, che chiedeva come potesse aiutare i suoi bambini nei compiti: un momento che non poteva condividere, perché lei non conosceva l’italiano, come tante altre donne straniere. Noi maestre, ma anche mamme, abbiamo compreso la sua esigenza e la risposta è arrivata dal cuore, avviando l’iniziativa".
Importante da subito la collaborazione con il Pime, il Pontificio istituto missioni estere, di Busto Arsizio. Continua la volontaria: "L’obiettivo non è solo l’insegnamento della lingua italiana, ma anche favorire l’integrazione delle famiglie immigrate, con particolare attenzione alle donne, prevenire il disagio sociale e scolastico dei bambini, valorizzare l’immigrazione come risorsa e favorire il senso di solidarietà. Negli anni il gruppo è andato aumentando, con il passaparola ma anche con la spinta alle mamme dei figli che andavano a scuola, ed è diventato sempre più variegato anche per provenienza geografica".
Prosegue l’insegnante: "I paesi d’origine attualmente sono Perù, Senegal, Camerun, Marocco, Tunisia, Pakistan, Bangladesh, Egitto, Brasile, Argentina, Cuba, Ucraina, Bielorussia, Repubblica dominicana, Costa d’Avorio: insomma è il mondo ad essere rappresentato". Un mondo in cui non ci sono confini, non ci sono barriere, mentre è la lingua italiana a fare da ponte. "Il corso – spiega la volontaria – ha anche l’obiettivo di creare relazioni tra le persone, favorendo l’integrazione, le donne che non lavorano hanno l’opportunità di uscire di casa, di incontrarsi, ed è bello vedere come la nostra lingua favorisca la comunicazione tra di loro, qualunque sia il loro paese d’origine".
Ci sono la giovane avvocatessa, la farmacista, le badanti, ci sono le mamme con i figli piccoli che possono portare con loro a lezione, dal Perù al Pakistan, nella classe si incontrano tutti i continenti. Dall’Africa, dalla Costa d’Avorio, arriva Rachelle, 18 anni, da poco tempo in Italia, con il papà. Ha le idee chiare: "Voglio imparare bene l’italiano e trovare un lavoro per costruire il mio futuro". Intanto Badia, la matita stretta tra le dita, gli occhi sul libro e sulle parole colorate da ricopiare, continua il suo esercizio, un’altra parola scritta è un altro passo avanti. "Brava!" le dice la maestra. E lei, contenta, sorride.