Omicidio di Samarate, le prime conferme: Giulia ha provato a difendersi

La sedicenne si è accorta dell’aggressione. Ferite sulle braccia del padre

Alessandro Maja ha ucciso la moglie Stefania Pivetta e la figlia Giulia

Alessandro Maja ha ucciso la moglie Stefania Pivetta e la figlia Giulia

Samarate (Varese) - Prima ha ucciso la moglie Stefania, a martellate e poi infliggendole anche unn fendente alla gola, poi è salito al piano superiore della villetta di famiglia a Samarate e ha aggredito i figli. Nicolò, 23 anni, ricoverato ancora in rianimazione, ha subito anche un’operazione al cranio per asportare i frammenti ossei frutto delle ferite inferte dal genitore anche con il trapano. Lui lo aveva dato per morto.

Non sembra si sia difeso, come invece ha fatto Giulia, 16 anni, massacrata con il martello e il cacciavite. Lei non ce l’ha fatta, ma ha provato a resistere alla furia di Alessandro Maja. A confermare la dinamica, i primi esiti dell’autopsia e le analisi del medico sul corpo dell’assassino. Perché sulle braccia del 57enne ci sono ferite che raccontano del disperato tentativo della ragazzina, consapevole di quello che stava accadendo, di contrastare quello che stava accadendore. "Non mi capacito di come sia potuta accadere una cosa del genere, non doveva succedere".

Il padre ha pronunciato queste poche parole, forse le uniche dopo la strage, dette all’ospedale di Monza e riferite al suo avvocato Enrico Milani. L’uomo si trova ancora ricoverato e piantonato al San Gerardo di Monza e rimane sedato. Gli psichiatri stanno svolgendo accertamenti nel reparto dove è stato portato quando in carcere ha cercato di farsi del male e il suo stato è stato dichiarato incompatibile con la detenzione. In ogni caso non è ancora emerso in maniera palese il movente della strage. Le indagini dei pm Carlo Alberto Lafiandra e Martina Melita proseguono in ogni direzione ad iniziare dalla perquisizione dello studio milanese di Maja, persona che tutti conoscevano come architetto ma che era geometra. Sono stati trovati diversi documenti, ma nulla che faccia sospettare un progetto di strage o una situazione di difficoltà tale da portare alla tragedia. Anche dal punto di vista contabile la piccola attività dell’uomo pare non risentisse di problemi di natura finanziaria.

Ad ogni modo la sera prima della carneficina nella villetta di via Torino, l’uomo aveva chiesto scusa alla figlia, senza aggiungere altro. Un segno di premeditazione evidente per quello che sarebbe successo da lì a poco. Adesso si attende la fine delle cure psichiatriche per Maja che, una volta dimesso, sarà trasferito in carcere. A questo punto il gip Luisa Bovitutti, dovrà applicare la misura cautelare e fissare l’interrogatorio di garanzia.