GABRIELE MORONI
Cronaca

Domenico Cervai, eroe ritrovato. Una medaglia d’onore per il bersagliere che si ribellò ai tedeschi

Il prefetto di Varese consegnerà il riconoscimento ai familiari del militare che disse no al nazismo e fu partigiano, La rivolta nel campo di prigionia della Wehrmarcht nell’Istria che fu italiana

Il certificato medico e a destra Domenico Cervai

Il certificato medico e a destra Domenico Cervai

Somma Lombardo (Varese) – A più di ottant’anni dalla morte, un atto di giustizia per un giovane eroe: sarà la medaglia d’onore alla memoria che il prefetto di Varese consegnerà oggi ai familiari di Domenico Cervai, che vivono a Somma Lombardo. È il riconoscimento che nel corso degli anni è stato concesso ai cittadini italiani, militari e civili, deportati in Germania e internati nei lager. La scure del tempo ha fatto il suo implacabile lavoro e a ritirare le medaglie sono i discendenti di quegli eroi, umili e sconosciuti.

Scarne le notizie su Domenico Cervai, rari i documenti ritrovati negli archivi italiani e quelli trasmessi dalla Croazia al pronipote Stefano Pelosi, che non ha mai dimenticato quando il nonno Nicolò gli parlava di Domenico, quel suo fratello di cui non si sapeva neppure dove fosse sepolto. Ma sono sufficienti per illuminare l’epilogo della sua brevissima vita.

Domenico Cervai nasce il 6 settembre del 1912 a Orsera, nell’Istria allora italiana (oggi la croata Vrsar). I genitori sono Biagio e Elena Quarantotto. Domenico non è sposato. È sotto le armi (una fotografia, l’unica esistente, lo ritrae in uniforme da bersagliere con il cappello piumato). L’armistizio fra l’Italia e gli Alleati, reso pubblico l’8 settembre del 1943, piomba a sorpresa su tutte le nostre forze armate. La decisione di Domenico, si direbbe immediata, è quella di prendere le armi contro i nazifascisti. Infatti gli è stata riconosciuta la qualifica di "partigiano combattente".

Una dichiarazione integrativa del diploma viene rilasciata a Gorizia, il 14 marzo 1949, dalla Commissione riconoscimento qualifica partigiani della Venezia Giulia. Il documento è purtroppo molto rovinato. Si ricava che Domenico Cervai ha svolto attività partigiana in terra giuliana dal 9 settembre 1943 (quindi subito dopo l’armistizio) al 6 ottobre. La causa della morte è indicata come “evento bellico". Località, indicata genericamente, l’Istria. La data della morte è ancora quella del 6 ottobre 1943. A oggi è uno dei pochi elementi certi in una vicenda tutta da ricostruire.

Il bersagliere Cervai viene fatto prigioniero, come tanti, e cessa di vivere poche settimane dopo in un campo di internamento germanico? Prima e plausibile spiegazione. Qui si inserisce un interrogativo legato soprattutto a un altro dei documenti in possesso dei discendenti: un certificato rilasciato il 15 novembre 1950 da un medico di Trieste, Aldo Ferrena, "in carta libera a richiesta di parenti”. Il dottor Ferrena dichiara che Domenico Cervai “è deceduto in seguito a fatti di guerra il 5 ottobre 1943 a San Giovanni di Arsia (Gimino) per mano dei tedeschi”. Cosa significa “per mano dei tedeschi”? Quando il pronipote Stefano e la moglie sono stati ad Arsia, in Croazia, hanno raccolto le voci di una rivolta di militari italiani contro i tedeschi. Cosa può essere accaduto? Solo ipotesi. Domenico viene catturato. Con altri si ribella al destino di internato militare in Germania. Vanno contro quelli che fino a poco prima erano gli alleati che l’Italia fascista aveva scelto e che la resa agli alleati siglata a Cassibile trasforma prima in amici sospettosi e poi in nemici. Domenico muore combattendo. Oppure finisce fucilato dopo che la ribellione dei soldati italiani è stata repressa. Tanti i militari del Regio Esercito, sbandato e senza ordine, che spontaneamente in quei frangenti si oppongono all’ordine di disarmare. E in Istria va in scena forse una piccola Cefalonia. Una rivolta, un “no” come quello pronunciato dalla divisione Acqui sull’isola greca teatro di un massacro. Per anni dimenticato.