Varese, 20 gennaio 2018 - Lidia Macchi che lotta contro il suo assassino, la sera del 5 gennaio 1987, nella solitudine desolata del Sass Pinì, nel territorio di Cittiglio. Sono dense di particolari drammatici, inevitabilmente crudi ma anche toccanti, le 117 pagine della perizia medico legale redatta dall’anatomopatologo Cristina Cattaneo.
Escoriazioni alla fronte e piccole escoriazioni alle mani e ai polsi già erano emerse nell’autopsia eseguita all’epoca da Mario Tavani, direttore della Medicina legale di Varese. Altre aree di «marezzatura rossastre e quindi vitali» mostrate dalle fotografie sono, secondo la perizia Cattaneo, «almeno indicative dell’urto delle ginocchia e di altre parti del corpo di Lidia contro superfici piane e ottuse, il che è coerente con una colluttazione o con una o diverse cadute di Lidia per terra». Ci sono poi le ferite da difesa alla mano sinistra. Sono 29 le coltellate che straziano la studentessa, alcune raggiungono organi vitali come la carotide e un polmone, le altre, numerose, il torace e il dorso. L’agonia è breve. L’aggressione potrebbe essere incominciata sulla Panda della ragazza, che si trova seduta a destra, sul sedile del passeggero mentre l’aggressore è al posto di guida. Dopo una iniziale colluttazione, che provoca le lesioni contusive, ecco la prima coltellata. L’assassino impugna una lama comune, composta di ferro e cromo (sono rimasti due residui metallici), liscia e lunga almeno 3,5 centimetri (10 secondo la perizia Tavani). I primi colpi raggiungono la mano sinistra della vittima, dove sono presenti ben due ferite da difesa. Lidia appoggia la mano ferita sul sedile, sporcandolo, mentre cerca di uscire dall’abitacolo. Volge le spalle all’aggressore, riceve due ferite da punta e taglio alla coscia destra. Lotta per allontanarsi, forse cade. Il sangue dalla mano o dalla coscia striscia l’interno della portiera. Lidia Macchi è fuori dall’auto, è a terra, sul ciglio della stradina sterrata. Viene accoltellata più volte, davanti e dietro, colpi spesso disordinati (indicativi di una furia incontrollabile), che lasciano ferite da punta e taglio. Sono 29 le lesioni osservate dal primo perito, che ha potuto esaminare anche la cute della vittima, 24 le lesioni ossee descritte dalla perizia Cattaneo, indicative di almeno 16 colpi di arma bianca. Le immagini delle gocciolature di sangue sugli abiti suggeriscono l’immagine terribile dell’assassino che incombe sulla sua vittima, la sovrasta, brandendo il coltello insanguinato.
«È pertanto - annota il perito Cattaneo - facile immaginare che l’aggressore poteva essere appoggiato in qualche modo al corpo di Lidia e che l’accoltellamento sia avvenuto in quella sede, sul ciglio della strada, dove Lidia già distesa viene accoltellata davanti (e le gocciolature sul versante anteriore delle cosce dei jeans sono coerenti con l’ipotesi di un coltello gocciolante di sangue tenuto da chi, magari seduto o a cavalcioni sopra di lei, la sta accoltellando), e poi dietro (ma non necessariamente in questo ordine)». La perizia Tavani sostiene che la ragazza venga uccisa fra i 10 e i 15 minuti dopo il suo primo rapporto sessuale. Cattaneo parla invece di un omicidio avvenuto in un range tra 30 minuti e 3 ore dopo quel rapporto. In linea teorica l’uomo che lo ebbe con Lidia potrebbe non essere il suo assassino. L’autore dell’aggressione e dell’omicidio, scrive Cattaneo, «non necessariamente è colui con il quale si è consumato il rapporto sessuale». La perizia ha portato alla luce molto materiale naturalistico per valutare se vi fossero elementi botanici o entomologici diversi dall’ambiente in cui è stato rinvenuto il corpo. La conclusione: Lidia Macchi è morta al Sass Pinì, nello stesso luogo dove, la mattina del 7 gennaio, viene ritrovato il suo cadavere. Gli elementi botanici sui suoi resti non sono in contrasto con l’ambiente circostante. In particolare la corteccia di conifera è compatibile con la presenza nella zona di grandi conifere.