Omicidio Lidia Macchi: a Stefano Binda 212mila euro di risarcimento per ingiusta detenzione

Lo ha stabilito la Corte d'Appello di Milano, abbassando la cifra rispetto alla prima decisione a causa di una “colpa lieve” nella condotta processuale dell’imputato

Stefano Binda, ingiusta detenzione. Scontro in Appello sul risarcimento

Stefano Binda in aula durante il processo

Varese – La Corte d'Appello di Milano ha confermato che Stefano Binda, che fu assolto in via definitiva dall'accusa di avere ucciso nel 1987 a Cittiglio, nel Varesotto, Lidia Macchi, studentessa di 21 anni e sua ex compagna di liceo, ha diritto ad un indennizzo da parte dello Stato, come “riparazione per l'ingiusta detenzione” per essere stato per tre anni e mezzo in carcere, tra il 2016 e il 2019.

Indennizzo che è stato quantificato in circa 212mila euro. I giudici milanesi - dopo che una precedente sentenza, sempre della Corte d'Appello, di risarcimento da circa 300mila euro era stata annullata con rinvio dalla Cassazione - hanno ora abbassato la cifra di un terzo circa rispetto alla prima decisione. La Corte, infatti, ha attribuito a Binda una “colpa lieve” nella sua condotta processuale.

La Procura generale di Milano aveva sempre sostenuto che “con i suoi silenzi” Binda avrebbe “contribuito all'errore sulla sua carcerazione” e che “la condotta mendace” negli interrogatori fu una “condotta fortemente equivoca”. E sosteneva, dunque, che non avesse diritto ad indennizzi.

Per la difesa, coi legali Sergio Martelli e Patrizia Esposito, invece, il 55enne ha sempre ribadito che lui non c'entrava con l'omicidio e che era in vacanza in quei giorni e dei testimoni l'hanno confermato. L'omicidio di Lidia Macchi resta ancora oggi un caso irrisolto.