Saronno, nessuna prova certa: "Per questo non ci furono denunce"

La tesi dell’ex direttore sanitario e coordinatore della Commissione interna

Laura Taroni e Leonardo Cazzaniga (Ansa)

Laura Taroni e Leonardo Cazzaniga (Ansa)

Saronno (Varese), 13 dicembre 2016 - Ha fatto affidamento sulle relazioni della commissione interna dalle quali non era emerso alcun rilievo penale sull’operato di Leonardo Cazzaniga al pronto soccorso. Si attesta su questa linea Paolo Valentini, ex direttore medico del presidio ospedaliero di Saronno (ora passato a incarichi amministrativi) e coordinatore della commissione interna composta da quattro specialisti dell’ospedale. La commissione, costituita nell’aprile del 2013, aveva il compito di verificare l’attività dell’aiuto anestesista, oggi in carcere.

Tutti i componenti della commissione sono iscritti nel registro degli indagati per omessa denuncia e favoreggiamento di Cazzaniga «ad eludere le investigazioni dell’autorità». Per sei ore, dalle nove del mattino alle tre del pomeriggio, assistito dal difensore Renato Mantovani, Valentini risponde a tutte le domande del procuratore di Busto Arsizio, Gian Luigi Fontana, e del pm Maria Cristina Ria. Il dirigente sanitario fa osservare che se fosse venuto a galla un aspetto penale non sarebbe rimasto inattivo. In passato lo ha fatto, non si è sottratto. È accaduto quando ha ricevuto una formale segnalazione dal primario di cardiologia sul caso di Massimo Guerra, marito della infermiera Laura Taroni, ricoverato nove giorni all’ospedale saronnese, nel novembre del 2011, per una grave brachicardia provocata da avvelenamento da farmaci. Il 23 novembre Valentini ha trasmesso via fax i tre fogli della segnalazione del cardiologo alla stazione dei carabinieri di Saronno. Di lì il fax non ha mai raggiunto la procura di Busto.

La commssione ha tenuto tre riunioni, il 22 , 24 aprile e 3 maggio 2013, esaminando otto casi di decesso (fra cui i quattro contestati come omicidi a Cazzaniga), avvenuti all’ospedale di Saronno fra gennaio 2012 e aprile 2013. Nella sua relazione finale, redatta il 20 maggio 2013, Valentini non assume assolutamente, precisa con i pm, un atteggiamento acritico. È vero che da un lato si rimette alle valutazioni dei membri della commissione con specializzazione in anestesia e rianimazione (Scoppetta e Frattini), ma dall’altro annota che «rimane una personale perplessità sull’approccio terapeutico e in particolar modo sulle dosi somministrate che lasciano intravedere un atteggiamento terapeutico aggressivo in alcuni dei casi esaminati». Affermazione superata da quella successiva che «di converso, è impossibile determinare se la posologia adottata sia finalizzata ad aumentare l’effetto analgesico e sedativo e quindi ad alleviare il dolore e la sofferenza oppure a determinare la riduzione della sopravvivenza che rappresenta comunque un effetto collaterale riconosciuto dei predetti farmaci». «Le competenze e l’esperienza del dottor Cazzaniga appaiono fuori di discussione», prosegue la relazione, e in conclusione non si ravvisa da parte dell’anestesista «un comportamento in modo chiaro e inequivocabile discordante dal codice etico e deontologico o, peggio, che possa far ravvisare delle responsabilità dirette sull’esito dei casi trattati». Quanto alla sua «personale perplessità» sulla posologia dei farmaci somministrati ai pazienti, la relazione del coordinatore della commissione suggerisce altri accertamenti e un’eventuale denuncia.  Nell'interrogatorio si parla anche del caso di Simona Sangion, la dottoressa che si sfoga al telefono con Nicola Scoppetta, primario del pronto soccorso, minacciando di «fare un casino», carte alla mano, su quanto accade nel reparto. Sul punto Valentini si difende facendo osservare che esiste un ufficio competente per i bandi di concorso e che la richiesta di un bando non rientrava nelle sue competenze.