Varese, 2 febbraio 2018 - "Sono innocente, estraneo ai fatti e non so nulla di ciò che mi viene contestato". A parlare è Stefano Binda, 51enne accusato di aver ucciso la studentessa varesina Lidia Macchi nel 1987. Binda ha ribadito la sua posizione oggi nel corso del controinterrogatorio al Tribunale di Varese.
Giacca blu, capelli curati e pizzetto, durante l'udienza Binda ha risposto alle domande della parte civile, che ha cercato di far luce sul suo alibi. L'uomo ha sempre sostenuto che quando la studentessa venne accoltellata a morte, a Varese, lui era a Pragelato, in vacanza con il suo gruppo di Comunione e liberazione. Alle risposte dell'avvocato Daniele Pizzi, che rappresenta la famiglia Macchi, Binda ha risposto ricordando di aver pattinato per la prima volta sul ghiaccio durante quella settimana, ma di non avere memoria di chi fosse con lui. Pizzi ha attaccato l'alibi di Bindi "Ho controllato tutte le agende in cui lei annota le gite con Gioventù Studentesca, soltanto per gita a Pragelato dall'1 al 6 gennaio lei riporta il numero di camera dell'albero e i nomi degli occupanti".
"La nostra difesa si gioca sui fatti storici e oggi Binda ha risposto in maniera pertinente e per ciò che ricordava - ha detto l'avvocato Patrizia Esposito, difensore di Stefano Binda insieme al collega Sergio Martelli -. Nonostante altre testimonianze rispetto accadimenti passati, lui è rimasto coerente: non ricorda". La parte conclusiva del controesame dell'imputato si è concentrata sulle sue agende, dalle quali deriverebbe secondo l'accusa un grave indizio a suo carico. Dentro le agende fu trovato un foglietto su una versione di greco. Sul retro, questa scritta: "Stefano è un assassino...". Per questo i legali di Binda hanno tenuto a ribadire che le sue agende sono passate per molte mani.
(ha collaborato GABRIELE MORONI)