Caso Macchi, la mamma di Lidia: "Binda vuole incontrarmi? Nessun problema"

Dopo l'assoluzione da parte della Cassazione

Paola Bettoni

Paola Bettoni

Varese, 30 gennaio 2021 - «Stefano Binda vorrebbe incontrare me e la mia famiglia? Niente in contrario. Io non ho mai avuto preclusioni nei confronti di nessuno. Non ne ho neppure nei suoi confronti, anche se in tutto questo tempo non mi hai cercato». Paola Bettoni, la madre di Lidia Macchi, è pacata come sempre e con pacatezza risponde a distanza a Stefano Binda. All’indomani della conferma da parte della Cassazione della sua piena innocenza per l’omicidio di Lidia, Binda ha espresso l’«auspicio» che «la famiglia Macchi torni a essere, anche nei miei riguardi, la famiglia Macchi e non più la parte civile, la privata accusa, la controparte». Si creerebbero allora le condizioni «per uno scambio di parole, per poterci incontrare». 

Stefano Binda il giorno dopo l'assoluzione
Stefano Binda il giorno dopo l'assoluzione

«Non ho - dice mamma Paola - niente in contrario. Non ho problemi di odio verso nessuno. Non ho preclusioni. In un futuro, se lui vorrà, se ci tiene. Se ci tiene, visto che in trentaquattro anni non mi ha cercato e in tribunale non ha mai guardato né mi ha rivolto la parola». In tanti anni ha pianto tanto, pianti silenziosi e segreti e ogni volta ha saputo trovare dentro di sé la forza per offrire all’esterno la stessa immagine di forza serena, di un dolore portato con assoluta dignità. Adesso mamma Paola confida più a se stessa che agli altri quella che dopo il pronunciamento della Suprema Corte potrebbe essere l’ultima speranza: sapere. «Mi auguro che questa persona, il responsabile, chiunque sia, si metta una mano sulla coscienza. Si faccia vivo, anche in forma anonima, e dica quello che è successo. Non gli chiedo di autodenunciarsi, soltanto di dire la verità, raccontare quello che è accaduto quella sera. Si dice che la speranza è l’ultima a morire. Ecco, arrivata a questo punto e arrivata alla mia età, oggi ho questa speranza». Dopo tre processi, c’è un uomo che esce definitivamente dalla scena di uno dei drammi più foschi del dopoguerra. 

«Per me - dice Paola - l’ergastolo invece continua. Mi guardo indietro. Sono passati trentaquattro anni da quando è morta Lidia. Trentaquattro anni di sofferenza. E’ il mio ergastolo che va avanti». Paola Macchi non è cambiata. E’ la stessa che tanti anni fa consegnava una confidenza al cronista: «Mi chiedo se l’assassino ha una mamma e se quella mamma sa che suo figlio ha ucciso Lidia. E allora mi dico che io non vorrei mai essere la mamma di un assassino. Però, prego anche per lui e piango».