Omicidio Lidia Macchi: Cassazione conferma l'assoluzione per Stefano Binda

Un giallo che risale al 1987 quando la studentessa di vent’anni venne trovata morta in un bosco nei pressi dell’ospedale di Cittiglio

Lidia Macchi

Lidia Macchi

Varese, 27 gennaio 2021 - E' stata confermata dalla Cassazione l'assoluzione di Stefano Binda, imputato nel processo sull'omicidio di Lidia Macchi, la ventenne uccisa a Cittiglio, in provincia di Varese, nel gennaio 1987. In primo grado Binda era stato condannato all'ergastolo, e poi prosciolto in appello dalla Corte di Assise di appello di Milano. Ora gli ermellini hanno dichiarato inammissibile il ricorso del pg di Milano e dei familiari di Lidia. Il giallo risale al 1987 quando la studentessa di vent’anni venne trovata morta in un bosco nei pressi dell’ospedale di Cittiglio dove la giovane stava andando a trovare un’amica. La Cassazione ha messo così la parola fine a una vicenda che ebbe una importante tappa nel gennaio 2016 quando Binda fu arrestato come presunto colpevole del "cold case" rimasto irrisolto per quasi un trentennio.

La svolta arrivò grazie ai risultati di una consulenza grafologica che indentificò in Binda l'autore del componimento "In morte di un'amica". Una poesia recapitata in forma anonima alla famiglia Macchi nel giorno dei funerali di Lidia e subito attribuita dagli inquirenti al responsabile dell'omicidio. Accusa che il 50enne, difeso dagli avvocati Sergio Martelli e Patrizia Esposito, ha sempre respinto fornendo anche un alibi: nei giorni del delitto era in vacanza a Pragelato, nota località sciistica della alpi piemontesi poco lontano da Sestriere. Binda ha trascorso oltre 3 anni e mezzo in cella prima di essere assolto "per non aver commesso il fatto" e rimesso in libertà. E oggi è arrivata la conferma definitiva della Suprema Corte. "E' molto sereno, ha accolto la sentenza in modo molto composto", ha spiegato il suo difensore, l'avvocato Claudio Martelli. "Binda - ha aggiunto il legale - è un uomo di grande fede che ha affrontato il carcere con grande dignità". Poi una valutazione giuridica: "Questo processo poteva chiudersi molto prima evitando 3 anni e mezzo di carcere a un uomo innocente".