
Autorità e forze dell'ordine continuano a indagare per accertare l’accaduto (foto di repertorio)
Varese – Allarme sanitario alla scuola primaria Manzoni-Madonna in Campagna di Gallarate, in provincia di Varese. Mercoledì pomeriggio 31 alunni si sono sentiti male dopo aver pranzato in mensa, presentando nausea, vomito e dissenteria. Questi sintomi sono comuni nei casi di intossicazione alimentare, ma per ora non è stata accertata alcuna causa.
Il trasporto in ospedale
Sul posto sono accorsi diversi mezzi sanitari e i bambini sono stati smistati nei pronto soccorso di Gallarate e Busto Arsizio. Quattro di loro sono stati tenuti in osservazione e poi dimessi nella tarda mattinata di giovedì. Fortunatamente, nessuno è in gravi condizioni.
Reazione delle autorità locali
Il Comune di Gallarate ha attivato il protocollo previsto in questi casi, informando l’Agenzia per la tutela della salute dell’Insubria (Ats) e attivando un tecnologo alimentare per analizzare il cibo servito ai ragazzini. Il menù del giorno comprendeva ditalini con lenticchie, provolone, fagiolini all’olio, pane e arance, pietanze ritenute a basso rischio microbiologico.
Controlli sul cibo
L’Ats ha immediatamente attivato i carabinieri, che questa mattina hanno effettuato un accesso a scuola per eseguire prelievi sui campioni delle vivande servite in mensa. Al momento, nessuno dei genitori ha sporto denuncia. Autorità e forze dell’ordine continuano a indagare per accertare l’accaduto.
La prima indagine
La prima relazione svolta dal tecnologo alimentare del Comune ha certificato “conformità delle procedure svolte e delle materie prime utilizzate” alla mensa e non esclude altre piste oltre l’intossicazione. I pasti prodotti nella giornata di mercoledì, peraltro, sono stati 2.949 e i malori si sono concentrati in un solo plesso. Questo ha portato il tecnologo a “non ritenere riconducibile ai piatti proposti” i disturbi gastrointestinali. Infine, ha dichiarato che “i brevi tempi intercorsi tra la comparsa dei sintomi e il consumo del pasto, in alcuni casi, rendono improbabile che si tratti di una causa di contaminazione di tipo microbiologico, che richiede tempi di incubazione più lunghi”. A dirimere la questione sarà, probabilmente, l’analisi delle autorità sanitarie.