Definiscono l’intitolazione dell’aeroporto di Milano Malpensa a Silvio Berlusconi un atto “illegittimo”, contraddistinto anche da “carenza di potestà, violazioni di legge, vizi di illogicità” e “carenze motivazionali”. Per questo i comuni di Somma Lombardo, Cardano al Campo e Samarate, in provincia di Varese, hanno presentato ricorso al Tribunale amministrativo regionale (Tar) contro il procedimento che da mesi ha ufficialmente intitolato lo scalo all’ex presidente del Consiglio.
Le tre amministrazioni, tutte di centrosinistra, hanno impugnato l’ordinanza dell’Ente nazionale per l’aviazione civile (Enac) dello scorso 12 luglio e gli atti di quello che definiscono un “frettoloso processo deliberativo” dell’ente, durato solo “sette giorni (dal 5 luglio al 12 luglio)”.
La richiesta è di annullare e/o dichiarare inefficaci i provvedimenti che hanno portato all’intitolazione e, in via preliminare, di sospenderne l’attuazione. Nel ricorso di 12 pagine, firmato dall’avvocato Fabio Arrigoni, consigliere del Partito democratico al Municipio 1 di Milano, si parla di un “insieme di errori, costituito da carenza di potestà, violazioni di legge, vizi di illogicità e procedura, arbitrarietà e carenze motivazionali”. I Comuni del Varesotto “hanno avuto notizia dell'intitolazione dalla stampa” e “in precedenza avevano ipotizzato per l’eventuale intitolazione i nomi di persone legate alla tradizione aeronautica nazionale”.
Tra le personalità che erano in discussione, e quindi escluse dall’intitolazione a Berlusconi, ci sono lo scrittore Alessandro Manzoni, il pittore Caravaggio, l’imprenditore Enzo Ferrari, lo scienziato Alessandro Volta, il patriota Carlo Cattaneo, il pioniere del volo Gianni Caproni, l’ingegnere aeronautico Ermanno Bazzocchi e persino Santa Francesca Cabrini, patrona degli emigranti.
Le tre amministrazioni contestano a Enac un “eccesso di potere”, sostenendo che l'ente non abbia “la competenza per dettare intitolazioni”. Un potere che al contrario “spetta ai Comuni”. Nel ricorso viene richiamata anche la legge che stabilisce per le intitolazioni il termine di dieci anni dalla morte, proprio per “evitare una azione sull’onda emozionale o ideologica, che inevitabilmente si connota come divisiva rispetto alla comunità civica”.