Naufragio di Lisanza, i soccorritori: così abbiamo aiutato le persone in acqua

Tre appassionati di navigazione residenti fra Parabiago e Busto Arsizio sono stati i primi a intervenire dopo il rovesciamento della barca nel lago Maggiore

Sesto Calende (Varese) – Minuti che hanno salvato vite e che non potranno dimenticare tre amici trentenni, appassionati di barche. Domenica sera sono stati i primi a intervenire per salvare i passeggeri dell’houseboat “Good…uria“, finiti in acqua dopo il ribaltamento dell’imbarcazione, capovolta da una violenta folata di vento.

I primi soccorsi alla barca affondata (Archivio)
I primi soccorsi alla barca affondata (Archivio)

Tempestività e coraggio

Non hanno esitato un attimo i tre giovani davanti ai naufraghi, mentre sul lago cadeva una fitta grandine. Hanno iniziato a prestare i primi soccorsi evitando un bilancio più pesante per una tragedia in cui hanno perso la vita in quattro: due agenti dell’Intelligence italiana, Claudio Alonzi e Tiziana Barnobi, Erez Shimoni, pensionato delle forze di sicurezza israeliane, e Anya Bozhkova, moglie dello skipper, proprietario del natante.

L’allarme al rientro

Matteo Dellavedova, Samuel Panetti e Alessandro Crespi, residenti a Parabiago e Busto Arsizio, domenica, partiti da Ranco, si stavano concedendo un giro nel tardo pomeriggio. "C’era il sole, faceva caldo, erano annunciati temporali, ma in serata", invece anche loro all’improvviso si sono trovati in mezzo al violento temporale, con grandine e folate di vento molto forti. Quindi hanno cambiato rotta per rientrare, la visibilità era ridotta a un metro, ma in prossimità di Marina di Lisanza hanno notato qualcosa in acqua: "Ci siamo accorti che era una persona aggrappata a un pezzo di legno, pochi istanti dopo abbiamo visto gli altri".

Il lancio dei salvagenti

Le persone in acqua erano allo stremo, galleggiavano attaccate ai detriti, i tre si sono quindi avvicinati prestando i primi soccorsi, lanciando salvagenti e qualunque cosa utile ad aiutare i naufraghi. Hanno fatto salire a bordo i primi quattro, molto affaticati: in quelle condizioni non sarebbero riusciti ad arrivare a riva da soli. Nel frattempo hanno lanciato l’allarme.

Non si sentono eroi: "Abbiamo fatto ciò che era giusto in quel momento per salvare persone in difficoltà".