Somma Lombardo, le insanabili ferite delle Bestie di Satana

La scia di sangue degli pseudo satanisti e il dolore di chi è rimasto senza un figlio

Silvio Pezzotta e Michele Tollis, padri di due vittime delle Bestie di Satana

Silvio Pezzotta e Michele Tollis, padri di due vittime delle Bestie di Satana

Somma Lombardo (Varese), 1 luglio 2019 - Michele Tollis. Silvio Pezzotta. Due padri. Due modi diversi di vivere lo stesso dolore per quei figli che si sono visti strappare dal delirio omicida delle Bestie di Satana. Riuniti per un giorno a Somma Lombardo. Si disputa l’undicesima edizione del trofeo di handbike “Mariangela con noi”, intitolato a Mariangela Pezzotta, l’ultima vittima della sgangherata pseudo setta andata ad annidarsi nella brughiera varesotta. Michele Tollis è sempre presente. Questa volta l’ha annunciato su Facebook come un “pellegrinaggio”. «È stato - spiega - un post provocatorio. Volevo poter distinguere tra gli amici veri e i nemici».

La lunga domenica di papà Michele. Si addentra nella boscaglia di castagni, robinie, arbusti, che ha fagocitato anche la fossa dove vennero gettati i corpi straziati di suo figlio Fabio e di Chiara Marino, la notte del 17 gennaio 1998. Rintraccia la zona. Sul cellulare ha trascritto “Pianto antico”, ma è troppo commosso per riuscire a leggere i versi di Carducci. Li affida a Barbara, un’amica salita da Giulianova. Non pare ancora pago quest’uomo piccolo e compatto come un pugno chiuso, che dopo avere indagato per sei anni, in solitudine, inascoltato, è riuscito a identificare i carnefici, a vederli arrestati, processati, condannati. «Io non dimentico e non perdono. Sarà così finché avrò vita. Non ci sarà perdono, per gli assassini e per gli altri. Perché rimango convinto che dietro ci fosse un livello superiore, una regia mefistofelica, e che fossero in tanti a sapere che quella sera sarebbe successo qualcosa. Ingiustizia è fatta. Andrea Volpe è stato condannato a vent’anni. Pochi. Presto sarà libero, se non lo è già. Mario Maccione è uscito nel 2017. È il tradimento che fa più male. Veniva in casa, era un grande amico di mio figlio. È stato uno dei suoi assassini e dopo averlo ammazzato lo ha infangato con le varie versioni che ha dato dell’omicidio. Elisabetta Ballarin non c’entra niente con la morte di Fabio. Apprezzo il percorso che ha saputo compiere. Ha pagato per intero il suo debito con la giustizia? Non sta a me dirlo. Vorrei essere certo del suo ravvedimento. Vorrei incontrarla per chiedere di raccontare. E la guarderei negli occhi».

Sole a picco. Sciami di zanzare fameliche. Michele torna a Somma. Al cimitero depone gigli bianchi e rosa sulla tomba di Mariangela Pezzotta. Raggiunge Silvio, impegnatissimo come direttore della gara di handbike. Un abbraccio, un sorriso fra padri segnati da un destino doloroso. È la figura di Elisabetta Ballarin quella che pare dividerli. Nel gennaio del 2004 Elisabetta è legata ad Andrea Volpe, che dopo l’arresto vestirà i panni del pentito. Viene coinvolta nell’omicidio di Mariangela Pezzotta, in uno chalet a Golasecca. Oggi, scontata la pena, ha recuperato la vita e la coscienza. Papà Silvio non solo l’ha perdonata, ma anche appoggiata, sostenuta, difesa. Ha sottoscritto la proposta di grazia «Sarebbe stata la prossima ad essere uccisa dopo Mariangela», è sempre stata la sua convinzione. «Non è neanche - dice Silvio Pezzotta - una questione di perdono. È una questione di umanità. Questa ragazza all’epoca aveva diciassette anni. Cosa vuoi fare? Ammazzarla? Hanno già ammazzato la mia. Andava aiutata. Ho cercato di darle un aiuto concreto. Sono sempre stato così. Potevo cambiare alla mia età?». Silvio Pezzotta ha in ufficio, accanto al crocefisso, un ritratto di Gandhi, il Mahatma, la “Grande anima”.