
Non solo Milan e Inter, i fuoriclasse del pallone scelgono città con meno pressioni. Brescia ha accolto Guardiola, Hagi e Baggio, a Como ci sono Fabregas e Dele Alli.
Domenica sera da Cremona si sono scomodati in cinquanta per andare all’aeroporto milanese di Linate e dare il benvenuto (ore 23.30) a Jamie Vardy, che al tramonto di una formidabile carriera ha scelto l’amena provincia della nostra serie A quale prossima tappa del suo lungo viaggio calcistico. Forse dai tempi di Gianluca Vialli non c’era così tanto fermento ed entusiasmo in città (complici anche le due vittorie contro Milan e Sassuolo che hanno catapultato la formazione di Davide Nicola in vetta alla classifica) e il 38enne attaccante inglese del Leicester dei miracoli di Claudio Ranieri ha ricambiato tanto affetto con selfie, autografi e sorrisi per tutti anche ieri mattina a margine delle visite mediche. Contratto annuale con opzione di rinnovo per un’altra stagione per il grande colpo del mercato estivo dei grigiorossi. Nella serie A degli “over 30“, uno come lui almeno porta e trasmette emozioni forti. E siccome nulla avviene per caso, Vardy, che sfrutterà la sosta per iniziare a lavorare con il gruppo, potrebbe debuttare in campionato (lunedì 15 settembre a Verona) con la squadra ad oggi prima in classifica, una sorta di “bonus“ inatteso che rende ancor più magica l’estate della Cremonese e dei suoi supporter. Dopo 13 anni con la maglia del Leicester, l’eroe del titolo vinto nel 2016 si è ritrovato svincolato dopo la retrocessione nell’ultimo campionato (10 gol in 36 partite tra Premier League e FA Cup, ma quasi 300 reti in carriera) ma è già carico per la nuova avventura. Jamie ha deciso di vivere a Milano, dove porterà con sé la sua famiglia numerosa: la moglie Rebekah, sposata nel 2016 e i quattro figli.
“StradiVardy“ (così è stato ribattezzato il giocatore nella città dei violini, a proposito pare che la presentazione sia prevista proprio nel museo), ex metalmeccanico in una fabbrica di Sheffield che produceva apparecchi ortopedici, è solo l’ultimo dei campioni accolti come star di Hollywood e sbarcati a sorpresa con il peso della gloria nella provincia nostrana del pallone, in particolar modo lombarda. Sono le imprevedibili ma piacevoli rotte del calciomercato dove nulla è scontato. Già, perché se oggi c’è Cremona sotto i riflettori, in un passato ancora recente è toccato a Como accogliere i fuoriclasse sempreterni e prima ancora Brescia, che i suoi “piedi buoni“ se li ricorda bene.
Gheorghe Hagi era uno così pieno di sè che diceva di sentirsi secondo solo ad un certo Diego Armando Maradona. Piedi vellulati ma un caratterino mica semplice, classe e autostima non mancavano a quello che di fatto è stato il più grande calciatore di sempre della Romania. Arrivò a Brescia negli indimenticabili anni Novanta, quelli in cui la numero 10 era una maglia sacra. Il presidente Corioni l’aveva preso dal Real Madrid, Hagi giocò con le Rondinelle due anni (1992-1994, uno in A e l’altro addirittura in B) prima di essere rivenduto in Spagna, addirittura al Barcellona. Nella “cantera“ dei catalani era invece cresciuto Pep Guardiola che a Brescia arrivò da calciatore maturo e affermato, a trent’anni, dopo un paio di lustri passati a guidare il centrocampo dei blaugrana. L’indimenticabile Carletto Mazzone lo accolse così: "Peppe, io nun te volevo, pe me deve giocà Giunti". Ma fra i due ci fu subito grande feeling, (l’allenatore, conquistato dal talento e dalla personalità di Pep, fece pubblica ammenda davanti alla squadra: "Ho voluto Giunti, ma come posso non far giocare uno così forte?") se è vero che fra il 2001 e il 2003 Guardiola è stato uno dei leader di quel Brescia fantastico. Fra i suoi compagni di squadra c’era un certo Roberto Baggio: sì, proprio lui, il Divin Codino, il genio ribelle del calcio italiano, il numero 10 che ha fatto sognare una generazione intera. Per qualsiasi calciatore, l’opportunità di giocare al fianco di Baggio era un richiamo impossibile da ignorare. E Guardiola non faceva eccezione. Anche per questo da capitano del Barcellona accettò di vestire la maglia del Brescia.
Tornando più o meno ai giorni nostri, ecco la favola Como. Dall’avvento della nuova proprietà indonesiana, la famiglia Hartono, in riva al lago c’è stata una continua sfilata di vecchie (ma neppure troppo) glorie. Nella stagione 2022-2023 ecco Cesc Fabregas, uno dei più grandi centrocampisti della storia moderna del calcio, per anni regista del favoloso centrocampo dell’Arsenal di Arsene Wenger e della nazionale spagnola con cui tra il 2008 e il 2012 ha vinto due volte l’Europeo e il Mondiale del 2010. Prima di diventare l’allenatore dei lariani, Fabregas quella maglia l’ha indossata. E Cesc a Como ha chiuso la sua carriera da calciatore portando poi avanti l’ambizioso progetto in panchina. Durante le vacanze di Natale del 2024, poi, si presenta Dele Alli. Campione in “erba“ che non ha mantenuto le promesse, un talento “sprecato“ nonostante tutto quel di buono che si dicesse di lui al Tottenham. Così ha voluto voltare pagina e tentare l’avventura nella provincia italiana. Senza troppa fortuna però. Dal gennaio 2025 ad oggi il giocatore ha disputato una sola partita (9 minuti in campo), rimediando un cartellino rosso contro il Milan. Ora è sparito dai “radar“, in attesa di una nuova avventura. Ma è arrivato Alvaro Morata, pur sempre capitano della nazionale campione d’Europa.
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