I giovani hanno smesso di guardare la TV e forse hanno fatto bene

La propaganda pro Putin e la diffusione di fake news in onda sui canali nazionali apre il dibattito sulla fuga di ascolti e a vincere è il web

Il Ministro russo Lavrov in onda su Rete4

Il Ministro russo Lavrov in onda su Rete4

La TV italiana fa notizia, ma ormai sempre meno per inchieste o contenuti, e sempre più per scandali, distorsioni, polemiche. La TV italiana, negli ultimi mesi, è stata investita da polemiche e non senza ragioni. Per due anni, la tv generalista ha dato spazio a negazionisti no-vax e a figure che hanno ridotto il dibattito scientifico a spettacolarizzazione e gossip, al punto da obbligare le istituzioni ospedaliere a richiedere ai propri medici un codice di condotta e un sistema di autorizzazioni per poter apparire in televisione.

Con l’arrivo della Guerra in Ucraina, la situazione non è cambiata: alcuni telegiornali e programmi di prima serata  hanno diffuso fake news, informazioni imprecise o del tutto false, con conseguenti scuse dei conduttori. Non è mancata, anche in questo caso, la spettacolarizzazione, come nel caso di Massimo Giletti, conduttore contestato per aver condotto da Odessa il suo programma di intrattenimento e informazione. Siamo arrivati, poi, al caso Orsini, e lo spazio televisivo dedicato al politologo della Luiss, contestato per aver diffuso informazioni parziali e imprecise su temi geopolitici e storici, senza avere (quasi) mai un contraltare. Infine, la propaganda pro Putin accolta negli spazi televisivi nazionali nella voce del Ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, invitato su Rete 4, senza contraddittorio. Per questo ultimo caso, l’Unione Europea ha persino inviato un rimprovero al nostro Paese, segnalando che lo spazio assegnato a Larvov e ad altri esponenti del governo Russo può essere ritenuto un aggiramento delle sanzioni contro la disinformazione di regime, e che nei programmi “serve contestualizzazione contro la diffusione di odio e violenza". Ognuno di questi casi, è il risultato di un meccanismo voluto da alcuni autori e conduttori televisivi: l’eccesso come strumento di attrazione del pubblico. Ma se da un lato, può risultare positivo che venga dato spazio ad opinioni (e discussioni) diverse, dall’altro la mancanza di accountability, di contraddittorio e l’imprecisione dei contenuti non possono essere considerati accettabili, in un sistema democratico.

Con uno scenario di questo tipo, non sorprende che sempre più giovani abbandonino i media tradizionali e non risultino per nulla attratti dalle svilenti dinamiche di urla e spettacolarizzazione tra personaggi in declino (intellettuale e professionale), contenuti imprecisi e, addirittura, la propaganda a favore di un dittatore sanguinario.

La televisione è uno degli strumenti più importanti per orientare e favorire la cultura di un Paese, ma senza etica, accountability e professionalità, tanti giovani preferiranno restare ascoltatori del web, dove i contenuti stanno raggiungendo livelli di complessità anche maggiori rispetto alla TV, e dove è possibile esprimere dissenso, con commenti ai post, alle dirette, ai contenuti, dove, in sostanza, esiste una sorta di accountability.

Anche per questo motivo il 2022 si preannuncia l’anno dei record per i contenuti online e su social. La piattaforma Twitch registra 2.5 milioni di accessi in media in tutto il mondo, oltre 8 milioni di creator e centinaia di canali di approfondimento italiani, direttamente sostenuti dagli iscritti (come il caso del canale del creator Ivan Grieco, o Rick du Fer, entrambi attivi nel mondo dell’info-intrattenimento politico), o i numeri registrati dal canale Youtube di Shy - Breaking Italy, o, ancora, le pagine di approfondimento politico di Instagram, tra cui Factanza, Torcha, Wordly, Will, o ancora i podcast, con la leadership di Chora Media, che produce da tempo contenuti di approfondimento politico.

Chi perderà, da questo declino intellettuale, sarà l’intera televisione: i programmi di approfondimento e dibattito politico sono essenziali per i sistemi democratici. Il lavoro di chi conduce non è sempre semplice, ma il propagarsi di dinamiche distorsive come quelle sopra descritte, rischia di danneggiare in modo irreversibile l’intera industria dell’informazione televisiva. E non sappiamo se e come questo processo potrà definirsi reversibile. Anche per questo motivo sarà necessario interrogarsi, e, se ritenuto efficace, riformare e cambiare l’intera industria.