Per noi artisti è meglio la provincia

di Andrea Spinelli

Gallarate caput mundi. Lo studio di Luca Chiaravalli, cinquant’anni e un palmares lungo così, è diventato nel tempo uno dei poli della musica lombarda. Come autore, arrangiatore e direttore d’orchestra, il musicista gallaratese s’è aggiudicato due Festival di Sanremo consecutivi, nel 2016 con “Un giorno mi dirai” degli Stadio e l’anno successivo con “Occidentali’s Karma” di Francesco Gabbani, ma ha collaborato pure Paola Turci, Eros Ramazzotti, Emma, Il Volo, Alessandra Amoroso, Biagio Antonacci e molti altri ancora.

Già nel 2015, però, era arrivato secondo al Festival grazie al Nek di “Fatti avanti amore” e tre anni prima aveva vinto X Factor con “Due respiri” di Chiara Galiazzo. "Lo studio di registrazione me lo sono ricavato nell’appartamento che mi hanno lasciato i miei, quello in cui sono cresciuto – racconta –. Il 90% delle mie produzioni sono nate qui".

Cosa significa per un artista venire a lavorare in provincia?

"Sotto il profilo tecnico è la stessa identica cosa che farlo a Milano. Un piccolo vantaggio casomai si può avere a livello personale perché in provincia nel triangolo studio-bar-ristorante di fiducia, l’artista è più ‘protetto’ di quanto non lo sia nella grande città. Unica controindicazione, casomai, la mezz’ora di auto che occorre per arrivare da Milano. Ma nessuno s’è mai lamentato".

Perché è rimasto lì?

"Inizialmente la scelta è stata dettata da motivi economici, visto che uno studio in provincia costa meno di uno in città. Poi mi sono reso conto che per gli artisti non era un problema raggiungermi e non mi sono più spostato. Il vantaggio dello studio personale è che puoi lavorarci 247. Anche se ad una certa ora l’artista lascia lo studio per tornarsene a casa, tu puoi andare avanti a lavorare fino al mattino...".

Una comodità.

"Sì, soprattutto per uno come me che non è solo produttore, ma anche autore. E quindi partecipa attivamente al lavoro creativo della canzone".

A cosa sta lavorando attualmente?

"Su alcuni giovani. A breve dovrei mettere le mani pure sul nuovo progetto di Nek, che quest’anno ne compie trenta di carriera e penso voglia festeggiare l’anniversario con qualcosa di speciale. L’ultimo lavoro portato a termine, invece, è stato quello su ‘Manifesto’ di Loredana Bertè; causa quarantena, lei l’ha cantato tutto in studio a Milano e io l’ho prodotto qui a Gallarate".

Una formula inusuale.

"Sono di quelli abituati a lavorare gomito a gomito e non m’era mai capitato prima di farlo “a distanza“. Infatti, paradossalmente, nella realizzazione di un disco se vuoi cercare nuove strade devi lavorare con i vecchi metodi. E in questo uno studio di proprietà aiuta".

Com’è il rapporto con gli artisti della zona?

"Con Fabio Ilacqua ci siamo frequentati per trent’anni, poi abbiamo unito le forze in ‘Occidentali’s karma’ di Gabbani ed è accaduto quello che è accaduto. Il sodalizio col mio concittadino Andrea Bonomo, invece, è decollato grazie a ‘Fatti avanti amore’".

Un artista del Varesotto con cui non ha mai lavorato?

"Branduardi. L’ho incontrato per la prima volta a 16 anni camminando in centro a Gallarate. Se ne stava appoggiato al muro dall’altro lato della strada accanto a Carù, lo storico negozio di dischi. Riconoscendolo lo indicai come a dire: sei tu? E lui, senza dire una parola, annuì".

Che tipo di rapporto ha con la sua città?

"Il mio nome ha cominciato a girare nelle cronache dei giornali attorno agli anni Duemila, quando scrissi ‘Il mio amore per te’ per Eros Ramazzotti, al tempo in vetta alle classifiche di tutto il mondo (e a cui nel 2012 produssi poi un intero album, ‘Noi’), ma l’interesse è diventato tangibile quando nel 2002 vinsi Sanremo Giovani con Anna Tatangelo".

Cosa ricorda di quella prima esperienza all’Ariston?

"Anna aveva 15 anni e trionfò fra i Giovani con ‘Doppiamente fragili’. Intuite le potenzialità del personaggio, Pippo Baudo le dette molto spazio, ma, in quanto minorenne, nonostante avesse vinto non poté farle rieseguire la canzone vincitrice in chiusura di serata. Così la volle sul palco il giorno dopo, quello della finalissima. In quanto primo direttore a salire sul podio quella sera, Baudo utilizzò la mia presenza per ringraziare tutti i maestri che in quella edizione s’erano alternati alla conduzione dell’orchestra".