"Niente illusioni, offriamo certezze lavorative"

Ateneo dell’Insubria, la strategia del rettore Tagliabue: qualità più che quantità, formazione e ricerca di livello europeo, luoghi aperti

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di Federico Dedori

Varese sempre più attrattiva grazie anche all’Università degli Studi dell’Insubria. Fondato nel 1998, l’ateneo conta oggi quasi 12mila studenti, 400 docenti, 320 dipendenti con mansioni tecniche e amministrative e sette dipartimenti suddivisi nelle tre sedi di Varese, Como e Busto Arsizio.

Rettore Angelo Tagliabue, guardando al futuro che obiettivi vi ponete?

"Innanzitutto, crescere sempre più qualitativamente in tutti i dipartimenti in modo da mettere il nostro sapere al servizio degli altri. Più stiamo al passo con i ritmi veloci di oggi, più saremo in grado di garantire un’offerta formativa utile. Io non parlo di grandi numeri di studenti, non mi sono mai interessati, parlo di qualità. Per questo dobbiamo anche uscire dai confini dell’ateneo e pensare in termini europei, diventando una risorsa utile per affrontare importanti sfide come il Pnrr o altri bandi internazionali".

Senza mai dimenticare la zona in cui avete le radici…

"Esatto, è importante essere ancorati alla nostra realtà territoriale che è molto ampia e importante. Cresciamo con tutta la zona, interloquendo con gli altri atenei italiani ed europei. Mi viene in mente il tema della ricerca: ormai non dobbiamo fare una ricerca locale, dobbiamo fare una ricerca che possa essere utile sì al nostro territorio, ma una ricerca che abbia confini di dimensioni almeno europei".

Che ruolo può giocare l’università per l’ecosistema?

"Quello di rendere l’ambiente “non consumabile“ come dice qualcuno, no? Noi viviamo in un ambiente che stiamo consumando. Il sapere deve essere volto a creare condizioni di vita sostenibili. E quindi tutto ciò che è ricerca ai fini di avere un ambiente sostenibile".

Con la pandemia abbiamo sperimentato la didattica a distanza. Può essere il futuro alternata con le lezioni in presenza?

"Mai buttare via le esperienze fatte in regime di necessità. Dobbiamo fare tesoro di questo per raggiungere una platea più ampia, non dimenticando che il vero valore è l’insegnamento dal maestro all’allievo, in presenza. Ma qualora ci siano didattiche che possono essere impartite a distanza, senza perdere il valore qualitativo, sottolineo qualitativo, perché no?".

Ci sono novità nel vostro piano dell’offerta formativa?

"Le novità che abbiamo portato all’attenzione dei rettori lombardi sono quelle sulla biennale di Scienze del Turismo, l’aver attivato in una sede storica che non era più nostra, Busto Arsizio, Scienze infermieristiche, e cercando così di dare una risposta al territorio in attività dove c’è alto indice occupazionale una volta che lo studente si è laureato o diplomato. È importante essere sempre aderenti con la formazione alle necessità del mondo del lavoro, perché il nostro scopo è quello di non creare illusione, ma creare certezze lavorative".

Servizi agli studenti: cosa deve fare oggi l’università?

"Dobbiamo cercare di avere spazi che si possono adattare alle varie esigenze, ma soprattutto che servono a studenti e professori come spazi di aggregazione, di conoscenza, di socializzazione, perché il rischio con la tecnologia imperante è l’isolamento delle persone. Questi spazi devono invece avere il compito delle piazze una volta, di creare idee, soprattutto nel concetto di una comunità, scientifica, accademica, il senso di appartenenza, e anche un confronto, perché siamo esseri umani, è bello dialogare, confrontarsi guardandosi in faccia. E speriamo di poter togliere le mascherine un domani per vedere le espressioni del viso, che sono utili nel confronto".