Il mio cuore è rimasto a Luino

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di Chiara Zennaro

"Da Luino per il Mondo". Così si legge nella sua “bio“ di Twitter. Ed è proprio così: dalla meravigliosa cittadina di 14mila anime sulla riva lombarda del lago Maggiore, Massimo Boldi ne ha fatta di strada. Dalle serate del Derby Club di Milano fino ai cinepanettoni da incassi milionari assieme a Christian De Sica, Boldi è uno dei volti più apprezzati e conosciuti della comicità italiana. Dopo il successo non ha perso il solido legame con le sue origini, e dei suoi primi dieci anni di vita a Luino ricorda ancora tutto: le strade, la sua casa, il cortile dove giocava. Un amore ricambiato. Tanto che nel 2016 la sua città gli ha riconosciuto il titolo di “Ambasciatore di Luino nel mondo“, onorificenza che hanno ricevuto - tra gli altri - il nuotatore paralimpico Federico Morlacchi e l’attrice Sarah Maestri.

Cos’è Luino per lei?

"Luino per me è un ricordo che non potrò cancellare mai. Lì ho vissuto i miei primi dieci anni. Luino è nel mio cuore e nella mente. Sono nato in via Bernardino Luini 29, una strada molto particolare, non è proprio in centro ma verso l’oratorio e la chiesa delle Rimembranze, vicino al cimitero. Mi ricordo benissimo tutto, perché la mia casa confinava con l’asilo e dal cortile dell’asilo vedevo mia mamma e mio papà".

Com’è stato essere nominato Ambasciatore di Luino nel mondo nel 2016? Quand’è l’ultima volta che è tornato?

"Un’onorificenza di cui sono molto contento e orgoglioso. Luino è una città dove si vive bene. Tre anni fa sono andato a vedere la mia casa e ho avuto una strana impressione. Ho pensato che fosse tutto piccolo: la casa piccola, il cortile piccolino, la strada, che un tempo mi sembrava enorme, anche quella era piccola...Mi ha fatto un’impressione strana. Sono entrato nel cancello numero 29, nel cortile dove ho passato la mia infanzia. Lì ho avuto un colpo al cuore e mi sono ricordato tutto, dopo più di 60 anni. Il mio cuore è rimasto in quella casa. Ricordo i miei nonni, il mio papà, la mia mamma. Luino dopo la guerra era una roccaforte perché era vicino alla Svizzera, un posto quasi sicuro. Per quello i miei si sono trasferiti lì. Ho avuto un colpo al cuore perché mi sono emozionato nel pensare a tutto quello che avevo fatto in quella casa. Ma la cosa che più mi ha sconvolto è che la casa dove abitavo io, una palazzina di tre piani con due famiglie per ogni piano, è diventata un bed and breakfast. Quando sono entrato mi è venuta incontro una signora che ha riconosciuto e mi ha spiegato tutto. Me l’ha fatto visitare: la casa era completamente trasformata. Però nelle scale che portavano al secondo piano c’era una madonnina su un piedistallo che esiste ancora. Così ho mantenuto i rapporti con i due, marito e moglie. Luino mi ricorda anche tanti altri amici che sono tuttora considerati degli artisti: Dario Fo e suo papà, che era il capostazione. E ancora: mio papà frequentava il bar Centrale dove andava anche lo scrittore Piero Chiara: io me lo ricordo come un signore anziano, ma doveva avere sui 35 anni. Insomma: viva Luino!".

Come l’ha accolta Luino quando ha iniziato a diventare una persona di successo?

"Mi ha accolto sempre molto bene. Sa, io ho fatto carriera con il cinema a Milano e soprattutto Roma. Per un luinese che va a Roma, l’è dura. A Roma ho conosciuto Christian De Sica, che non c’entra niente con Luino. Ha una famiglia romana e che è degna di portare il nome di Vittorio..."

Di recente in un’intervista ha confessato che le piacerebbe recitare un ruolo drammatico. Come mai questa scelta?

"Il personaggio che ha interpretato il comico al cinema e in televisione con l’età diventa fragile, perché l’età ti porta a non essere più comico ma ridicolo. Io non mi sento ancora ridicolo, ho ancora un pubblico di ragazzi giovani. “Max Cipollino“ non morirà mai, come è stato per altri personaggi del cinema e della televisione. Anche i più piccoli lo amano e, quando lo conoscono, non lo lasciano più. Vorrei fare un’opera importante, con un regista importante. Recitare in una storia che non sia solo importante, ma vera".

Quali sono gli altri suoi progetti per il futuro?

"Ho intenzione di continuare a lavorare, anche se il Covid ha dato una mazzata al mondo dello spettacolo. È tutto complicato. Ho quattro sceneggiature che mi hanno offerto e che mi hanno fatto anche scrivere. Ma i film italiani che sono usciti a Natale sono andati tutti male. In questo momento non si può sapere se il pubblico amerà o no anche un prodotto valido e che funziona in altre condizioni. Di conseguenza mi chiedo: chi ha il coraggio di produrre un film con i costi che genera e gli incassi incerti, in un momento simile? Bisogna avere pazienza ed essere ottimisti. L’unica salvezza sono le piattaforme televisive e anche alcune sale in Italia, come l’Arcadia di Melzo: è quasi un monumento, e oggi con il Covid quel cinema è fatto in modo tale che il pubblico possa stare distanziato. Sono sicuro che seguiranno anche altri imprenditori che decideranno di investire su sale del genere. Il cinema non è morto".