Luca Bigazzi, maestro dei ciak: "Il cinema è ancora magìa pura. La Grande Bellezza, avventura finita con una sbornia negli Usa"

Vita e opere del gigante della fotografia: "Cominciai con pochi soldi e l’amico Silvio Soldini. Poi una carriera da Oscar e i premi internazionali. "Ma per me non contano, non ho scaffali...".

Luca Bigazzi, maestro dei ciak: "Il cinema è ancora magìa pura. La Grande Bellezza, avventura finita con una sbornia negli Usa"

Luca Bigazzi, maestro dei ciak: "Il cinema è ancora magìa pura. La Grande Bellezza, avventura finita con una sbornia negli Usa"

Luca Bigazzi è un gigante della fotografia nel cinema. Milanese, classe 1958, ha lavorato al fianco di registi di enorme valore come l’amico Silvio Soldini, Gianni Amelio, Paolo Sorrentino, Francesca Comencini e tantissimi altri. Ha vinto una quantità impressionante di premi, ma non ci pensa. Il suo interesse è rivolto a tutt’altro.

Protagonista al recente Sudestival 2024, il Festival del Cinema di Monopoli, si è concesso per un’intervista a tutto tondo. Iniziamo dalla sua partecipazione al Sudestival 2024.

Quanto è importante raccontare e spiegare i segreti del cinema a degli studenti?

"Importantissimo. I giovani, in questo momento, sono la categoria più maltrattata e meno considerata. Sono precari, poco pagati ma anche pieni di entusiasmo. Sono una generazione preparatissima. Bisogna cercare di dargli più fiducia, anche per evitare che il nostro lavoro sia solo per ricchi".

Ha anche presentato da poco un film al festival…

"Amusia, un film che amo molto del giovane regista Marescotti Ruspoli. Una produzione indipendente. Una pellicola molto interessante, con tanti attori giovani. Probabilmente penalizzato dalla distribuzione inadeguata".

Parliamo di lei: come nasce la sua passione per la fotografia?

"Da giovane mi dedicavo alla politica: militante antifascista a scuola. Contemporaneamente andavo al cinema e mi piaceva la fotografia. Terminato il liceo, Silvio Soldini, mio compagno di banco, mi ha proposto di fare un film insieme. Ci siamo prodotti un piccolo film: “Paesaggio con figure“. E da lì è cominciato tutto. Non ho fatto nessuna scuola, sono un totale autodidatta".

Mi racconta il suo primo incontro con Silvio Soldini?

"Siamo sempre stati molto amici. Lui molto riservato. Si è creata una naturale simpatia. Andavamo moltissimo al cinema a vedere film di diversa estrazione, non comuni negli anni ‘80".

C’è qualche film che ha segnato, in maniera significativa, la sua vita?

"Ce ne sono tantissimi. Ricordo con affetto i primi film di Wim Wenders. Avevano una vitalità straordinaria. Successivamente si è un po’ perso ma, ultimamente, è tornato con “Perfect Days“ che è un ottimo lavoro".

Lei ha lavorato con grandissimi registi: Gianni Amelio, Paolo Sorrentino, Francesca Comencini…

"Ho avuto molta fortuna. Alcuni registi amano le cose “non convenzionali“. Io ho sempre usato poche luci e sono veloce e questo aspetto è fondamentale per alcuni registi. Credo che si debba lasciare spazio agli attori, per questo cerco di essere rapido. Una dote che, credo, sia stata apprezzata".

A tal punto da vincere tantissimi premi…

"Non vuol dire niente, il premio lasciano il tempo che trovano. Non li espongo, non ho uno scaffale dove metterli in mostra".

Chiaro ma, nel 2014, con l’Oscar de La Grande Bellezza, è finito a Los Angeles… "Quella è stata una bellissima avventura. Ricordo anche che siamo finiti tutti mezzi ubriachi. C’era un open bar e abbiamo esagerato con i festeggiamenti (ride, ndr)… Una bella soddisfazione, un film che ha segnato un tempo. Paolo (Sorrentino, ndr) è un regista molto creativo. Lui è molto veloce, non vuole perdere tempo".

Un film in cui si è divertito molto sul set?

"Vado molto fiero de Il Divo, film di Paolo Sorrentino del 2008. Un film politico ma molto creativo. Non lo voleva fare nessuno. È stato realizzato con pochi mezzi produttivi, grande velocità e molto talento".

Che ne pensa del cinema? Andare a vedere un film in sala è ancora pura magia?

"Certo, la magìa è sempre la stessa. Il cinema è arte collettiva. Un’esperienza fatta socialmente, resa possibile solo dall’empatia. Noi capiamo il film solo insieme agli altri spettatori in sala. Se li guardiamo sul divano, non li capiamo. I film vanno visti collettivamente".

Intanto, però, il modo di fare cinema cambia. Secondo lei la tecnologia limita la creatività?

"Assolutamente no. Lo dico per esperienza diretta. Sono passato dalla pellicola al digitale nel mio lavoro. Il digitale migliora la velocità di esecuzione. Non tornerei indietro e non ho paura delle nuove tecnologie, intelligenza artificiale compresa. Credo che si apriranno nuove, interessanti, prospettive. Ciò che mi preoccupa è la deriva fascista che ha intrapreso il nostro Paese. Mi preoccupa l’ignoranza umana, è quella che mi spaventa davvero".

Quando non è assorbito dal suo lavoro, cosa le piace fare per rilassarsi?

"Mi piace andare in campagna, senza nessuno intorno. Leggo, guardo film, ascolto musica elettronica, anche recente. Non sono appassionato di sport, non sono tifoso di nessuna squadra. Il mio lavoro ti dà molto ma ti impegna anche parecchio. Sono reduce da 22 settimane filate per realizzare la serie televisiva “La Storia“ di Francesca Archibugi. La protagonista è Jasmine Trinca, un’attrice straordinaria. Come vede, si torna sempre a parlare del proprio lavoro…".