La creatività del quartiere. La newyorkese che ama l’arte. Le tre orafe della “Fucina“ . E Giorgia che stampa a mano

Alcune delle artigiane che hanno scelto la zona a sud di Milano per vivere e lavorare. Cosa offre Chiesa Rossa? "Qui c’è un clima accogliente, un’atmosfera di paese. E ci si saluta".

L’arte è, sopra ogni cosa, un attivatore di bellezza. E tra le vie di Chiesa Rossa e Stadera non mancano i progetti artistici sviluppati dai creativi del quartiere. Giovani che qui abitano e altri che l’hanno scelta, forse anche per i prezzi più abbordabili e, nel tempo, se ne sono innamorati.

Ne sa qualcosa Jenny Filipetti, newyorkese che si è trasferita a Milano nel 2010, la prima volta, per scrivere in una importante rivista di design. Di Chiesa Rossa ha amato subito il senso di accoglienza e di appartenenza.

E con lei, che ama l’arte, visitiamo la Chiesa Rossa che dà il nome al quartiere con le installazioni di luci di Dan Flavin artista americano che ideò un’opera come elemento centrale del restauro e rinnovamento della chiesa parrocchiale progettata da Giovanni Muzio negli anni ’30. "L’opera site-specific “Untitled“, in luce verde, blu, rosa, dorata e ultravioletta permea l’intero volume della chiesa", spiega. Jenny si occupa di design technologies, un mix tra arte e tecnologia. "Cercavo uno spazio per me, in questo quartiere che ha una bella energia e l’ho trovato in via Bellarmino, pochi passi dopo piazza Agrippa. Mi piaceva l’idea – confida – di un luogo che segnasse il confine fra Milano e il suo passato agricolo".

A una manciata di metri, infatti, ci si può immergere nel parco Ticinello. Anche all’interno della chiesetta sconsacrata della vicina Cascina Campazzo, Jenny organizza piccole iniziative di arte, assecondandone il genius loci. "Nel cortile della cascina, invece – racconta – ogni anno il 16 gennaio c’è la festa tradizionale dedicata a Sant’Antonio Abate, patrono degli animali. Un grande falò propiziatorio per la fine dell’inverno – aggiunge – è acceso nel campo antistante la cascina, dove si tiene la benedizione degli animali della stalla. Si festeggia insieme con cioccolata calda, vin brulè e con canti e balli intorno al fuoco".

E questa bella energia ha contagiato anche Debora Giugno che qui ha “trovato casa“ in un vecchio laboratorio che mantiene tutti i dettagli d’epoca, lì ci ha ricavato il suo studio da orafa. "Siamo tre socie, in realtà, con background molto differenti, ci siamo trovate, ad un certo punto della nostra vita, con la stessa necessità di avere un laboratorio per poter lavorare. A Milano non è semplice per i costi in macchinari e pratiche burocratiche".

Giorgia viene da Venezia e ha frequentato l’Accademia di Belle arti. Valentina, romana, è la più estrosa nelle sue creazioni. "La prima volta che abbiamo visto questo posto – prosegue – era primavera e il glicine era una palla viola, era spettacolare, ci siamo guardate e ci siamo dette: sì è il nostro posto, è così che è nata Fucina Orafa e qui creo la mia collezione di gioielli artigianali “A day of june“. Lo spazio è grande, il quartiere ci piace ed è ben collegato, supermercati, ristorantini, bar, insomma ci sembra molto fertile".

E ancora: "All’inizio pensavamo di prendere uno studio solo per noi tre, poi, siccome c’è parecchio spazio in più abbiamo pensato di fare piccoli eventi, per chi vuole experience. Ad esempio, in coppia, si possono realizzare le fedi per il matrimonio riutilizzando vecchio oro e noi seguiamo i futuri sposi nel processo creativo. Diamo, inoltre, la possibilità ad altri di intraprendere questo tipo di di carriera, facilitando le cose a livello burocratico. Quindi abbiamo arredato coworking che affittiamo a chi vuole lavorare e diamo la possibilità di aprire la partita iva da orafo, quindi con punzone grazie alle nostre pratiche".

"Cosa ci piace di questo quartiere? – conclude Debora – La sinergia che si crea tra le persone, qui c’è un senso di comunità. Non è un quartiere individualista come può essere il centrocittà qui ci si saluta ed è molto importante".

Laboratorio artigianale, ma di arti grafiche è quello di Giorgia Oldani che con la sua “Tana art studio“, un laboratorio che al centro dello spazio ha un torchio, attualizza un lavoro “antico“. "Sì – spiega –, io lavoro con il torchio, ma stampo anche a mano, poi qui faccio anche piccole mostre di artisti che si occupano di grafica d’arte e workshop inerenti alle tecniche, quindi xilografia, incisione, calco, grafica, legatoria, ad esempio con cuciture giapponesi". Fa anche stampe uniche, si chiamano “monotipo“. Come funziona la stampa? "Ci sono più modalità – spiega – chi ha le lastre già incise può usufruire del laboratorio come stamperia d’arte. Quindi può stamparsi le le proprie lastre con o senza il mio supporto". Oltre ai libri e alle stampe d’arte si può lavorare anche sull’abbigliamento, magliette ma solo in edizione limitata e, intanto, ne mostra una che ha appena ultimato. "Però è un lavoraccio – sorride –. Ogni colore ha una matrice che viene inchiostrata, è un lavoro molto artigianale. E per chi vuole imparare, faccio anche laboratori nelle scuole medie ed elementari; lavoro con la fondazione Federica Galli, in centro. Qui a Chesa Rossa invece, vivo e ho lo spazio. Volevo avere il laboratorio vicino a casa. È stato tutto molto veloce perché questo negozio l’ho visto e ho fatto subito una proposta. É andata in porto subito. Destino? Fortuna? Qui mi sento e sono a casa".

Anna Giorgi