CRISTINA BERTOLINI
Rievocazione Storica Monzese 

Monza, un tuffo nel Medioevo. Non solo re e regine, il dietro le quinte dei figuranti del popolo

I Monsciaschi, mesi di lavoro per preparare l’evento di giugno tra lanaioli, portaspighe, contadini con la frutta, lavandaie e mugnai

Sono una cinquantina quasi un corteo nel corteo i protagonisti della sfilata dei popolani Li coordina Maria Scalise

Sono una cinquantina quasi un corteo nel corteo i protagonisti della sfilata dei popolani Li coordina Maria Scalise

Oltre a re e regine il corteo storico ha un’altra componente particolarmente amata dal pubblico brianzolo: quella dei popolani. Sono in gran parte i membri del gruppo “I Monsciaschi“, di Monza e alcuni di Villasanta, confluiti nell’aggregazione monzese, con contaminazioni dal Gap (Gruppo amici del presepe) di Lissone.

Tutti aiutano a preparare i vestiti, lavare, tagliare, cucire, adattare e stirare. Sono una cinquantina, quasi un corteo nel corteo, la sfilata dei popolani, fatta da lanaioli, portaspighe, contadini con la frutta, le lavandaie, i mugnai con le tradizionali pagnotte grezze, tutti coordinati da Maria Scalise.

Il pubblico li osserva ogni anno e si identifica: "Se non ci fossero stati i popolani che coltivavano, allevavano e cucinavano, principi e notabili non avrebbero avuto da mangiare", si lascia andare qualcuno dal pubblico. Non solo gli abiti caratterizzano il gruppo.

"Abbiamo anche una serie di attrezzi dell’antica Brianza contadina che fanno parte del piccolo museo di Giancarlo Cerizza – dice la capogruppo dei Monsciaschi – membro storico della rievocazione che ha lasciato una ricca collezione di oggetti da lavoro, nel suo piccolo museo nel quartiere Cantalupo a Monza, che il figlio mette a disposizione con grande disponibilità per rendere più vero il corteo storico".

Venivano utilizzati anche per altre rievocazioni storico folcloristiche come il matrimonio brianzolo. Negli anni il gruppo organizzava anche le feste dei borghi a Spalto isolino con abiti eleganti degli anni ‘50 e ‘60 e con le creazioni di Elisa Viganò le sfilate di cappelli con la veletta, portate nelle case di riposo, dove rievocavano la vita dei nonni e la loro gioventù.

Il corteo storico è un momento emozionante anche per i partecipanti, spesso intere famiglie; coppie che iniziano il corteo da fidanzati, poi sposi, poi mamme, papà con i bambini, a volte molto piccoli, con i loro costumi e poi nonni e nipoti. Il gruppo si tramanda la passione da generazioni, ricordando anche chi non c’è più.

"Quest’anno mia figlia con il bimbo più piccolo farà la nutrice", racconta orgogliosa la signora Maria. Il corteo offre infatti quel quarto d’ora di visibilità, attraverso due ali di folla festante di curiosi che inebria chi vi prende parte attiva. La macchina organizzativa si mette in moto molti mesi prima, per preparare e mettere a misura gli abiti e cercare tutti gli accessori. Quest’anno, come fa osservare la signora Maria, ci sarà una difficoltà in più, perché essendo previsti lavori in piazza Cambiaghi, il punto di ritrovo verrà spostato nel parcheggio dello stadio Sada.

"Ci auguriamo che tutti i posti auto da via Guarenti al piazzale dello stadio, vengano riservati a noi – auspica l’organizzatrice dei Monsciaschi – abbiamo tutti auto e furgoni interi carichi di costumi di scena e attrezzi per rendere più credibile e impreziosire il corteo. Speriamo che il Comune ci agevoli, lasciandoci lo spazio a disposizione esclusiva dalle 18 alle 24".

Tutto viene curato in ogni dettaglio: ogni capogruppo precetta i suoi paratecipanti, ricordando di non indossare orecchini e orologi che stonerebbero con il contesto medievale. Maria porta sempre con sé ago e filo per eventuali ultimi ritocchi agli abiti. "Io sono l’infarinatrice – scherza – ogni anno come tocco finale, lancio una manciata di farina ai mugnai che portano i sacchi, per renderli più verosimili". "Sono 35 anni che mi fai mangiare farina", scherza qualcuno.