
Dopo la delusione di Istanbul nel 2023, la squadra di Simone Inzaghi ci riprova e sogna di ripetere l’impresa dei nerazzurri guidati da Mourinho a Madrid (2010). Per Oaktree è la prima prestigiosa chance europea un anno dopo l’insediamento.
Una premessa alla faccia della scaramanzia: Psg-Inter è la finale di Champions League che forse non tutti avevano pronosticato la scorsa estate, perché uno alla volta sono usciti i candidati più attesi, dai detentori del trofeo (il Manchester City) a squadroni come Bayern Monaco (che sognava di giocare l’ultimo atto in casa), Liverpool e soprattutto Real Madrid e Barcellona. Ma arrivati a questo punto non può non essere (leggermente) favorita chi ha eliminato Kane e Yamal. E parliamo ovviamente dell’Inter. Che due anni dopo la grande beffa di Istanbul, e quella sconfitta col City di Guardiola ancora difficile da digerire, ha il dovere di crederci dopo aver avuto il coraggio di osare contro tedeschi e spagnoli.
Perché arrivati a questo punto, dopo aver scalato la montagna, sarebbe delittuoso non godersi il paesaggio dall’alto per paura delle vertigini. A quindici anni di distanza dalla magica notte dell’irripetibile Triplete, l’Inter deve provarci. Sa che il trofeo è alla sua portata. Allora le toccò il Bayern Monaco di Mueller e Robben, questa volta sulla sua strada trova il Paris Saint-Germain che non è più la squadra di “plastica“ delle ultime stagioni, infarcita di mostri sacri più simili a figurine. Ora quella francese è una formazione concreta, compatta, con grandi qualità ma pure con punti deboli.
Una sera attesa tre lustri per scrivere un’altra pagina di storia del club. La Milano nerazzurra scalpita per un nuovo esodo di massa verso Monaco di Baviera, dove Lautaro Martinez e soci appena un mese e mezzo fa hanno capito di poter arrivare sino in fondo, dopo la splendida vittoria (1-2) contro i padroni di casa nell’andata dei quarti di finale. Adesso il capolavoro va completato. Tanto più che non capita a tutti di poter disputare due finali in tre anni. Anzi. Nel mezzo secolo successivo all’epopea della Grande Inter (doppio trionfo per Helenio Herrera e i suoi, più la sconfitta col Celtic), i nerazzurri sono arrivati all’ultimo atto della più grande competizione continentale solo quattro volte: contro l’Ajax di Cruyff nel 1972, poi nel magico anno del Triplete (2010) sfidando il Bayern e nel 2023 contro il City. A cui si aggiunge la partita che si giocherà all’Allianz Arena.
Un’impresa i cui meriti vanno divisi fra tutti, a cominciare da Simone Inzaghi, vero e proprio Re di Coppe cui va riconosciuto il merito di aver retto alle pressioni di un ambiente sempre molto esigente nella stagione più lunga e faticosa. Ma l’allenatore è stato bravo a crearsi una nuova opportunità, sfidando i superclub con una squadra, la sua, costruita negli anni con parametri zero, giovani promesse e qualche senatore sempreverde. Tutto ciò grazie all’intuito e alla competenza di Beppe Marotta (alla sua quarta finale in Champions) e dei “fedelissimi“ Ausilio e Baccin.
Per la gioia del popolo nerazzurro e del Fondo Oaktree, che dodici mesi dopo aver rilevato il club ha la possibilità di gioire sul tetto d’Europa. Rispetto a due anni fa non è una “mission impossible“. L’Inter è cresciuta, ha consolidato la propria identità, ha qualità. E poi c’è l’esperienza. Il poker calato nella semifinale di ritorno contro il Barcellona dimostra che quella di Inzaghi è squadra tosta, capace di gestire le situazioni più complicate ai massimi livelli. È pur vero che in una finale l’avversario ideale non esiste. Gli uomini di Luis Enrique sono stati ad un passo dall’eliminazione nella fase a girone, ma hanno codici di gioco scientifici e una devastante organizzazione, di fatto l’identità di un allenatore che ha sempre cercato di essere più innovativo della stagione precedente. Poi sarà il campo a parlare: del resto se il calcio è considerato lo sport più bello del mondo è perché può essere imprevedibile. Servirà una partita senza errori. Allo stesso tempo, però, coraggiosa. E allora: forza Inter, riprenditi la coppa!