GIULIO MOLA
Finale Champions League

Da bersaglio a fenomeno. Adesso il Gigante Buono si gode la sua rivincita

Le straordinarie parate del numero uno e capitano della nazionale italiana hanno trascinato il Paris Saint-Germain sino alla finale di Monaco di Baviera. Eppure negli ultimi mesi non sono mancate le critiche (anche ingenerose).

Le straordinarie parate del numero uno e capitano della nazionale italiana hanno trascinato il Paris Saint-Germain sino alla finale di Monaco di Baviera. Eppure negli ultimi mesi non sono mancate le critiche (anche ingenerose).

Le straordinarie parate del numero uno e capitano della nazionale italiana hanno trascinato il Paris Saint-Germain sino alla finale di Monaco di Baviera. Eppure negli ultimi mesi non sono mancate le critiche (anche ingenerose).

Anche nel calcio, come nella vita, il tempo è galantuomo. E succede che l’incubo possa trasformarsi in sogno, che i fischi si capovolgano in applausi. La storia di Gianluigi Donnaromma, 26 anni, ce lo insegna: un giorno fenomeno e quello successivo un brocco, una partita da voti altissimi in pagella e poi un’altra da 4. Dagli elogi alle critiche il passo è breve, ma lui, il Gigante Buono di Castellammare di Stabia, è sempre stato più forte di tutto e di tutti. Degli avversari e di chi lo derideva. Quel che ha fatto di recente sul campo è semplicemente straordinario, ed ogni volta che pensiamo di aver giá visto tutto da lui e che sia praticamente impossibile fare ancora meglio, Gigio riesce puntualmente a smentirci. Al punto che viene da pensare: ma è umano il suo modo di stare tra i pali?

Per arrivare a Monaco di Baviera il Psg si è messo nelle manone sicure del suo portiere che ha esibito parate di tutti i generi: d’istinto, di classe, con coraggio e tempismo. Roba senza senso che per lui sono gesti normali, come aver intuito un tiraccio passato sotto una selva di gambe respinto con riflessi pazzeschi. E pensare che fino a pochi mesi fa (si era a novembre 2024), il destino di Gianluigi Donnarumma era incerto. A dire il vero lo è ancora adesso, visto che il rinnovo del contratto resta “congelato“, questa volta per volontà dell’entourage del giocatore. Comunque qualcuno ricorderà che nella trasferta della fase a girone in Baviera contro il Bayern, il tecnico Luis Enrique gli preferì tra i pali il russo Safonov. Non solo: girava anche voce che la società si stesse interessando muovendo su Lucas Chevalier, giovane del Lille, affidabile e bravo nei rilanci con i piedi. La certificazione del fatto che Gigio non era ancora riuscito a far breccia in tutto l’ambiente del Psg, dalla dirigenza allo staff tecnico, fino ai tifosi.

Vero, da una parte Donnarumma era percepito come un portiere da grandi parate, ma per alcuni non trasmetteva sicurezza col pallone tra i piedi e soprattutto non mostrava coraggio nelle uscite aeree. Critiche anche eccessive ed ingenerose, nulla gli era perdonato: dalle esitazioni alle lacune di concentrazione. Poi quei “passaggi a vuoto“ sono spariti. E sono rimaste le parate, belle e decisive in prestazioni stellari: prima nel ritorno degli ottavi vinto ai rigori a Liverpool, poi di nuovo nei quarti contro l’Aston Villa, e nelle due semifinali contro l’Arsenal. "Sarà emozionante disputare la finale", ha scherzato dopo le ultime prodezze mostrando il segno in volto rimediato mesi fa in campionato: "Con questa cicatrice in faccia sembro più aggressivo". I tifosi ormai lo adorano, la stampa francese gli dà 9 a ogni partita e lo incensa, "supereroe", "il muro di Parigi". "Per me i supporter ci sono sempre stati, pure nei momenti di difficoltà. E io ho imparato bene il francese, si comunica bene con tutti". Epperò, come non ricordare i feroci commenti parigini dopo la partita d’andata con il Liverpool? "Leggo molte critiche mosse da giornalisti o pseudo tali - disse Gigio -, i quali non sanno che cosa sia il mestiere del portiere. Però, io penso sempre a sorridere, a dare il massimo e lavorare per la squadra".

Così è stato, altro che il “becchino del Psg”, per citare il complimento più gentile rivolto al portiere italiano. Ora a Parigi, invece, di beccamorti non se ne trova più uno. Perché il bello del calcio è che alla fine a parlare è sempre il campo e fenomeni come Gigio parlano sempre sul campo. A quindici anni un predestinato, oggi un campione con le sue 407 partite da professionista tra club e Nazionale, una decina di trofei vinti e un futuro da scrivere. Magari sull’altra sponda del Naviglio milanese...