
Dalla comunicazione allo schieramento tattico, quante differenze tra i due timonieri di ieri e di oggi. In comune la grande capacità di gestire il gruppo e l’impresa contro il Barcellona in semifinale.
La ristretta cerchia in cui Simone Inzaghi vorrebbe entrare è un Olimpo di cui fanno parte soltanto Helenio Herrera e José Mourinho. Sono, l’apolide Mago e il portoghese Speciale, gli unici due allenatori ad aver portato l’Inter in cima all’Europa. Personaggi simili, quasi sovrapponibili, con un ego pronunciato e una comunicazione efficace, aggressiva. Difficilmente banale. Due allenatori poco inclini a una diplomazia da zero a zero.
Dovesse battere il Paris Saint-Germain, Inzaghi rappresenterebbe una novità nel panorama dei tecnici nerazzurri vincenti in ambito internazionale. Negli ultimi mesi il timoniere piacentino ha aggiunto qualche sfumatura alle sue uscite pacate, poco “da titolo“. Ma persino così è difficile immaginarlo mentre si prodiga in uno show sulla “prostitussione intellectuale“ dei media, un monologo da scuola di teatro che ha reso celebre Mourinho. Se e quando Inzaghi fa notizia, è proprio perché un’esternazione più fumantina ha il valore dell’eccezione. "Dove lavoro io migliorano i conti e aumentano i trofei", disse spavaldo. È rimasto un motto, l’immagine dell’Inzaghi che mostra le unghie.
Accomunati da una grande capacità di gestione del gruppo, la differenza tra Inzaghi e Mourinho è anche di carattere tattico. L’Inter odierna è figlia dell’evoluzione. Gioca a tre in difesa e non a quattro. Ha battuto Bayern e Barcellona coprendosi all’occorrenza, ma dimostrando di saper offendere con manovre da video virali (il gol di Lautaro a Monaco), superando i blaugrana con un complessivo 7-6 che nulla ha di sparagnino. Anche Mourinho eliminò in semifinale i catalani, piazzando però un airbus davanti alla porta al Camp Nou per evitare la “remuntada“ dopo il 3-1 del Meazza, mossa giustificata anche da un rosso precoce a Motta. Eppure fu con gli attaccanti che l’Inter trovò la pozione giusta, passando dal 4-3-1-2 a un 4-2-3-1 possibile grazie all’innesto di Pandev a gennaio e al “sì“ pronunciato da Eto’o, quando il tecnico gli chiese di fare l’esterno.
Mourinho poggiava su Moratti, primo tifoso dal portafogli largo e disposto ad aprirlo, lo dimostrano acquisti come Milito, Motta, Sneijder, Lucio, oltre ai due attaccanti citati. Oaktree dovrebbe garantire un buon budget da luglio. Sarebbe il primo mercato con una certa spesa dopo diversi anni, ma solo dopo l’incontro tra Inzaghi e il management di settimana prossima si capirà se sarà l’attuale allenatore ad usufruirne o se finirà come con Mou: vincente e all’ultimo ballo nella serata più importante.