"É vero, forse all’inizio ci hanno dovuto studiare un po’", ha raccontato Chiara Pannozzo. Lei, chef laziale (di Terracina) trapiantata a Verona, classe 1994, "ma appena finito l’alberghiero ho deciso di partire, per allargare le prospettive". Non ha mai avuto dubbi, la futura chef. Da bambina, a seguire le ricette di nonne e mamma. A scuola. Poi, nel 2016, al talent show “Hell’s Kitchen“.
Carlo Cracco, dopo averla “condotta” in tv la chiama nella sua brigata. E comincia un’altra storia, il cui capitolo più recente è la conquista del prestigioso Premio Gambero Rosso 2024 per “Tradizione Futura”. Mercoledì alle 16 Chiara porterà la sua sapienza sul palco della Fiera di Codogno nello showcooking promosso da Ascom-Confcommercio, in collaborazione con Bollicine di San Fiorano. "La nostra cucina – ha spiegato così la sua filosofia culinaria a un quotidiano veronese la chef – non ha voluto necessariamente puntare sui classici e nemmeno sulle presentazioni pulite e minimali della cucina ‘gourmet’". I piatti del “suo“ ristorante Bue Nero sono anzitutto gioiosi e golosi. Perché chef Pannozzo parte sì dalla tradizione veneta, lombarda e piemontese, "ma poi remixate con percorsi internazionali. Quelli che scopro viaggiando, ma soprattutto leggendo tantissimi libri".
Lei non ama entrée, piccoli bocconi "e nemmeno la piccola pasticceria". Ama "cotture delicate, mai troppo violente" e sceglie anche frattaglie e quinto quarto. Tra i suoi “must“, il cervello di vitella in foglia di vite alla brace, la tostada di ceci con cuore marinato, maionese e pico de gallo, le nuggets di animelle in salsa hoisin e la xò cinese, intingolo agropiccante ("che però faccio con la ‘nduja", ammette) ad accompagnare la verza brasata con la pearà. E i primi di pasta tirata a mano, tra pappardelle al finocchietto al ragù di formaggio tastasal e fondo di carne al caffè e tortelli all’aglio orsino con caprino, crema di latte al pepe Sarawak e pesto di fagiolini.
Orgogliosamente attaccata al suo risotto all’Amarone e al lesso con la pearà, ma stuzzicata da animelle, cervello, hoisin e babaganoush."Con i contorni mi diverto e lavoro i vegetali per non avere sprechi". Poche parole, tatuaggi che - tra ingredienti, fiori e animali - la decorano fin sotto al viso. Poche parole, fatti concreti. Perché la sua cucina vigorosa ha dato una sferzata al panorama gastronomico.