Milano a 30 all’ora non basta: “Servono democrazia della strada liberismo, tutela del ceto medio”

L’analisi di Marco Percoco, professore dell’Università Bocconi e direttore del GREEN "I limiti di velocità funzionano se abbinati a “segregazione delle corsie“ e spazi ai pedoni".

Milano a 30 all’ora non basta: "Servono democrazia della strada liberismo, tutela del ceto medio"

Milano a 30 all’ora non basta: "Servono democrazia della strada liberismo, tutela del ceto medio"

"Metropoli? Milano è molto provinciale". Marco Percoco è professore associato dell’Università Bocconi e direttore del GREEN (Center for research in Geography, Resources, Environment, Energy and Networks). Si occupa di economia del territorio e immobiliare ed economia dei settori industriali. Ha studiato a fondo il caso Milano.

Secondo i dati del Viminale, Milano è maglia nera in Italia per criminalità.

"Dal punto di vista economico, quello che conta, in questo caso, sono le preferenze dei consumatori, cioè dei fruitori della città. Quindi di coloro che la abitano, la vivono per lavoro o per studi. E la percezione da parte delle persone che Milano sia pericolosa è cresciuta. La politica dovrebbe prestare ascolto e prendere misure adeguate".

Quali?

"Non bastano le buone intenzioni per ridurre la paura nei cittadini, ma bisogna intervenire, fare qualcosa. Magari mostrando la presenza della polizia in stazione, in metropolitana, negli spazi pubblici. Serve dare sicurezza alle persone".

Tra le nuove misure del Comune, nel “piano Gabrielli“, si prevede un aumento delle pattuglie nelle ore notturne. E i ghisa potrebbero essere dotati di taser.

"Non penso sia una decisione negativa. Milano non mi sembra uno “stato di polizia”. Per questo armare, seppur in modo blando, i vigili non mi disturba".

Passando alla mobilità urbana, le 450 nuove licenze per i taxi che il Comune vuole rilasciare risolveranno la carenza di auto bianche in alcuni giorni e fasce orarie in settimana?

"Credo sia un vecchio approccio poter pensare di risolvere il problema aumentando il numero di licenze. Mi sembra che i tassisti siano diventati il capro espiatorio della mobilità urbana. Se lo scopo è far muovere le persone all’interno della città, non esistono solo i taxi. Serve un’integrazione tra servizi. A Milano la gente si sposta in monopattino, in metrò, in auto. Non possiamo aumentare l’offerta solo per un settore, dobbiamo farlo anche per gli altri. Per non parlare, poi, delle concessioni per i servizi di trasporto pubblico locale. Non sono quasi mai soggette a gara in Italia, tranne che in Toscana, e generalmente si va di estensione in estensione della concessione. Si pensi a Trenord. Mi sembra ci sia una disparità di trattamento".

Milano a 30 all’ora può evitare le morti in strada?

"Sì, ma non basta. Serve una “democrazia della strada”, cioè bisogna organizzare la carreggiata in modo tale che sia fruibile a tutti. E per farlo serve una segregazione rigida delle corsie. Questo non avviene. Lo spazio dedicato ai pedoni è sempre meno. Trovo che ci sia poca attenzione nei confronti di chi si muove a piedi. Il suolo edificabile in città è finito. L’unico modo per costruire ancora è “riciclare“. E ben venga. Vuol dire dare alla cittadinanza l’opportunità di rendere fruibili aree che adesso non lo sono o utilizzarle per funzioni diverse. Quello che mi spaventa, però, è che siano sempre le stesse imprese a effettuare questi interventi di rigenerazione. Mi lascia perplesso che siano in poche a gestire una massa enorme di metri cubi che poi dovrebbero essere versati sul mercato. Non c’è competitività".

Il caro affitti e il caro vita spingono gli studenti a non scegliere più Milano per il loro futuro. Rischiamo una città vuota? Una metropoli solo di turisti?

"Sta diventando una metropoli non attraente per il ceto medio. Come tutte le global cities, Milano si sta polarizzando verso gli estremi. C’è una classe molto ricca e una povera. Il ceto sociale medio sta scomparendo. Eppure è proprio questa categoria che manda avanti la città. Il mercato immobiliare dovrebbe, di conseguenza, adattarsi a questa classe sociale".

Molte cattedre al Nord restano vacanti perché i docenti rinunciano a trasferirsi per via dei prezzi alti. Le gabbie salariali, di cui si parla, potrebbero essere una soluzione?

"È un problema molto dibattuto. A Nord e a Sud i salari nominali sono identici, cioè i docenti

guadagnano allo stesso modo per la loro professione. I salari reali, però, sono più alti al Sud. Il lavoratore può acquistare più beni con la sua paga perché il prezzo della vita è diverso. Credo che questi salari reali più alti servano a compensare i disservizi che ci sono nel Meridione".

Secondo i dati di Dyson, Milano è sul podio a livello globale per l’inquinamento dell’aria negli spazi chiusi. Sarebbe più inquinata di quella all’aperto.

"È difficile trovare, in questo caso, una soluzione perché si scende nelle scelte dei privati. Una possibilità potrebbero essere gli incentivi per l’acquisto di rigeneratori dell’aria negli uffici, nelle università".