Gli operai della Henkel: "Pronti a marciare sino a Dusseldorf"

La multinazionale vuole chiudere la fabbrica comasca che con la pandemia non si è mai fermata

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Lomazzo (Como), 17 febbraio 2021 -  Nell’arco di quattro minuti sono passati dagli straordinari allo spettro della disoccupazione i lavoratori della Henkel di Lomazzo, l’azienda del detersivo che non si è mai fermata neppure nel periodo più duro del lockdown e mentre mezza Lombardia è ferma non ha mai usufruito, almeno negli ultimi mesi, neppure di un’ora di cassa integrazione.

"Non c’è alcun motivo plausibile per chiudere questa azienda, qui non c’è mai stata crisi anzi fino a pochi giorni fa l’argomento all’ordine del giorno erano gli straordinari – spiega Serena Gargiulo, segretaria generale della Uiltec Uil di Como – L’ultima volta che abbiamo incontrato la direzione, qualche mese fa, è stato per discutere cinque prepensionamenti.

La Henkel di Lomazzo è a tutti gli effetti un’azienda modello, qui oltre alla produzione si sviluppano nuovi prodotti, anche in collaborazione con i laboratori di ComoNext". Eppure tutto questo non è servito a dissuadere il quartier generale di Dusseldorf dalla decisione, annunciata la scorsa settimana nel corso di una conference call con le parti sociali della durata appena quattro minuti, di chiudere entro giugno lo stabilimento e trasferire la produzione a Ferentino, in provincia di Frosinone, dove Henkel ha già un impianto. «Questa azienda in passato ci ha già abituato a blitz come questo – spiega Doriano Battistin, segretario della Filctem Cgil di Como – hanno chiuso quattro impianti in pochi anni, ma la quinta chiusura non gli riuscirà, faremo di tutto per impedirglielo, siamo disposti ad andare anche in Dusseldorf se sarà necessario. Dal Perlana non finiremo per strada!". Sono pronti a lottare per difendere il loro posto di lavoro gli 81 dipendenti dell’azienda che in questi momenti così difficili hanno trovato la solidarietà dei 70 lavoratori dell’indotto.

"Siamo arrabbiati e delusi, quello che ci hanno fatto è un esperimento di macelleria sociale – grida il suo dolore Antonio Minniti – Ci hanno trattato come numeri e non come persone, senza pensare che dietro di noi ci sono famiglie che soffrono, mogli e figli ai quali non sappiamo spiegare cosa accadrà domani". Un fulmine a ciel sereno per tutti la decisione della multinazionale di chiudere e trasferire la produzione in Lazio. "Non è vero che in paese non c’è spazio per far crescere l’impianto – è intervenuta l’ex sindaco di Lomazzo, Valeria Benzoni – Già nel corso del mio mandato il problema era emerso ed eravamo pronti a mettere a disposizione un’area verde che si trova qui di fronte, vicino all’impianto. Sono sicura che anche l’attuale amministrazione è pronta a fare lo stesso, dobbiamo togliere ogni alibi all’azienda". Lo stesso obiettivo dei sindacati che ieri mattina, dopo lo sciopero di fronte ai cancelli dell’azienda, si sono trasferiti al Pirellone per avviare un tavolo di crisi. «Siamo sgomenti e impauriti, ma non ci arrenderemo – aggiunge Marco Felli, della Femca Cisl dei Laghi – Dopo Milano andremo a Roma, poi a Bruxelles e Dusseldorf se sarà necessario. La Henkel non si illuda, non si laveranno la coscienza con il Dixan". È la speranza, forse l’ultima, dei lavoratori di Henkel passati dagli straordinari allo spettro della disoccupazione. "Una sofferenza inaudita, non ci sono parole per descrivere quello che stiamo vivendo – conclude Roberto Bambace, da 29 anni operaio alla Henkel – Lotteremo per difendere il nostro diritto ad avere un lavoro e un futuro".