Un mondo “altro” è possibile

La Pasqua, festività cristiana più difficile, porta riflessioni sulla solitudine e la compagnia. Testimonianze e poesie raccontano il significato di speranza in un mondo migliore.

Maietti

Delle due massime festività cristiane è la Pasqua la più dura da reggere. A partire dal Mercoledì delle ceneri che introduce la Quaresima: "Memento, homo, quia pulvis es, et in pulverem reverteris" (Ricordati uomo che sei polvere, e in polvere tornerai). Il monito è grave, non si concilia facilmente con la gioia di vivere. La saggezza ha un fondo di malinconia. Poi arriva la Settimana Santa. Il Giovedì dell’Ultima Cena. Ultima. E poi il Venerdì, il giorno più lungo e più duro. Lui, che è così consolante e bello vedere bambino tra la tenerezza della Madre, la protezione di Giuseppe, le pive dei pastori. Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia: "La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui". Resterà solo, suggerendo a Conrad la battuta di "Cuore di tenebra": "Si vive come si sogna: soli". Sarà per questo che è Pasqua il tempo in cui più si ha bisogno di compagnia. Ricordo mio padre di ritorno da un funerale a Costaverde. Se n’era andato un amico di lavoro e d‘osteria. Uscì per primo dal cimitero, con un altro amico. Si fermarono a casa di un terzo amico, che al funerale non era voluto venire, Aveva preparato un pentolotto di ali, colli e ventrigli di pollo. Li aveva versati fumanti in tre piatti slabbrati, stappata una bottiglia di rosso busciante. "Nanu, sétet giù e tasta anca tì", mi disse. Ernesto Ragazzoni, grande bizzarro poeta, capace di questi versi: "Le notti che non c’è la luna,/mal dormono un sonno commosso,/ e, a un fiume che sanno, in pianelle,/ s’avviano giù i bevitori/ di stelle per bere le stelle". Ragazzoni (1870-1920) morì a Torino di cirrosi epatica. Lasciò per volontà che i convenuti al funerale si radunassero poi in osteria. E il pensiero vagabondo del perduto amico don Luigi Pozzoli: "Viviamo tempi amari. Ogni giorno ci porta la nostra razione di tristezze, una tazza di lacrime per colazione. La Pasqua ci incoraggia a sperare, contro ogni evidenza, che un mondo “altro” è possibile"