FRANCESCO DONADONI
Cronaca

Stritolato tra i vestiti usati L’inchiesta finisce in niente

La Procura aveva addirittura chiesto il sequestro dei cassonetti in tutta Italia. Ora all’orizzonte si profila l’ipotesi dell’archiviazione per l’unico indagato.

Stritolato tra i vestiti usati  L’inchiesta finisce in niente

Stritolato tra i vestiti usati L’inchiesta finisce in niente

di Francesco Donadoni

Tutto comincia indagando sulla morte di Karim Bamba, 10 anni, il 19 maggio 2020 a Boltiere. Quel giorno Karim era uscito da casa, dove viveva con mamma Anna Maria, papà Valancine e i quattro fratellini originari della Costa d’Avorio, ora assistiti dall’avvocato Maccari. Karim era entrato in un vecchio cortile in disuso, utilizzato come parcheggio, dov’era posizionato un cassonetto giallo per la raccolta di abiti usati. Forse sperava di trovarvi qualcosa per lui. In quel tentativo ha trovato la morte per “asfissia meccanica“: è il responso dell’autopsia. Il decesso causato da una “compressione atipica del collo per incastramento“. I vigili del fuoco per estrarre il corpicino avevano dovuto tagliare il pannello anteriore del contenitore. Da quella tragedia, non unica in Italia, scatta l’inchiesta nel tentativo di regolamentare la presenza sul territorio nazionale dei cassonetti, alcuni pericolosi.

"Nessuna norma disciplina le caratteristiche costruttive e di sicurezza che quei cassonetti devono presentare". La Procura di Bergamo ha quindi chiesto al giudice il sequestro preventivo in tutta Italia. E ha scritto al ministero dello Sviluppo economico, al ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e all’assessorato al Welfare della Lombardia inviando tutta la documentazione per far capire come i modelli di cassonetto denominati di tipo 1, 2 e 3, caratterizzati dalla presenza di meccanismo basculante per l’introduzione di indumenti, siano potenzialmente pericolosi se non letali.

L’inchiesta dopo i vari passaggi (Gip, Tribunale libertà, Cassazione) si avvia verso l’archiviazione. Unico indagato per omicidio colposo è il legale rappresentante di una cooperativa di Pagazzano proprietaria del cassonetto, assistita dall’avvocato Anna Marinelli: "Attendiamo che la posizione venga definita". Il pm l’accusa di "imprudenza e negligenza". L’applicazione sui cassonetti di avvisi avviene su base volontaria perché non è prevista da alcuna norma. Del resto, è il ragionamento di fondo, contengono abiti usati dismessi, con un modesto valore economico. Ma è davvero così? Contrariamente a quanto si pensa, quegli indumenti non sono tutti destinati ai bisognosi. "Sono gestiti e trattati come rifiuto, vengono poi ceduti a peso a imprese tessili che li reimmettono sul mercato. Una parte è usata come pezzame, un’altra come materiale secco da discarica. Il prezzo per chilo oscilla fra i 25 e i 30 centesimi e ogni anno vengono raccolte in media 150mila tonnellate di rifiuti tessili.