Morbegno, Sophia Zaccaron ricorda la violenza subita: "Oggi denuncerei, no alla paura"

L'attrice parla dell'incubo vissuto quando era studentessa

Sophia Zaccaron

Sophia Zaccaron

Morbegno (Sondrio), 27 giugno 2019 -  «Avevo 15 anni, andavo a scuola in treno e, nel tragitto tra Ponte in Valtellina, dove risiedevo, e Morbegno dove frequentavo il liceo artistico Ferrari, sono stata violentata da 6 compagni di classe. Eravamo soli in treno, partito dalla stazione di Tirano, di mattina presto, uno di quei treni vecchi che viaggiavano con le porte aperte, senza luce...». È il racconto dell’incubo vissuto da Sophia Zaccaron, oggi attrice 28enne, di origini venete che ora risiede a Roma, dove lavora. Mentre la mamma Norma, operatrice culturale, continua a vivere a Ponte in Valtellina.

«Loro mi hanno immobilizzata, mi hanno drogata - ricorda la giovane che rivela la presunta aggressione (“presunta” perchè non fu mai presentata denuncia, ndr) a distanza di 13 anni - con qualche sostanza che non conosco, usando una siringa “conficcata” nel braccio e poi ho iniziato a perdere conoscenza. E, a quel punto, hanno abusato di me. Mi sono risvegliata, in uno stato di torpore, pressochè a Colico, oltre la stazione dove avrei dovuto scendere per recarmi alle lezioni, tutta nuda, sporca, i miei vestiti ammucchiati sotto il sedile. Io mi sono ripresa, spaventata, mi sono rivestita in fretta e, appena in tempo, sono scesa dal treno, prima che ripartisse, uno di quei treni non come alcuni di quelli di oggi che hanno le telecamere all’interno dei vagoni...».

Ma perchè per noi incomprensibile la decisione di non denunciare, all’epoca, un fatto tanto grave? «Non ho detto nulla per anni. Non sono più andata a scuola, al liceo di Morbegno, finchè non mi sono poi trasferita da mio padre in Veneto. Ora, alla domanda se mi succedesse oggi, cosciente di ciò che vado consigliando, è difficile dire cosa farei. In ogni caso è una situazione complicata, soprattutto perchè mi ritrovo davanti a tante persone, troppe per reagire, ma se mi accadesse ora, di sicuro andrei alla Polizia». E va oltre: «Non lo farei diventare un caso mediatico perchè non mi interesserebbe avere visibilità, in quanto vittima e non mi importerebbe gettare onta su nessuno. Solo portare il caso in Tribunale e cercare di ottenere giustizia».

Perchè il video? «L’ho fatto - spiega Sophia - non per raccontare ciò che mi è successo fine a se stesso tanti anni fa, ma per fare capire a chi si ritrova a fare i conti con questa realtà che è la nostra reazione che cambia le cose. Che dobbiamo farci leoni e affrontare le avversità a testa alta, che la paura non fa altro che rallentare, erodere, bloccare l’autostima e dà la possibilità all’aggressore di agire indisturbato. È importante credere in noi stessi, farci valere e darci il rispetto che meritiamo».