Sondrio, 31 dicembre 2022 - Ci sono le opere per le Olimpiadi, quelle realizzate con i fondi messi a disposizione dalle Regione e poi i mille interventi finanziati dalle Comunità Montane e dai Comuni. Dopo anni in cui non c’erano risorse per fare nulla adesso Valtellina e Valchiavenna sembrano travolte da un fiume di denaro, un bengodi che nasconde molte insidie come denuncia Michele Comi, geologo, guida alpina e soprattutto grande amante della montagna, una passione che vive a 360°.
L'sos di Comi
"Ci sono i soldi che servono a fare le cose, un’equazione fin troppo diretta ma per rispondere ai bisogni occorre indagare le necessità e invece sembra che non ci sia tempo per fermarsi e riflettere, siamo finiti nostro malgrado in un tritacarne gigantesco. Chi solleva obbiezioni viene guardato male, eppure ci sono parecchi motivi per dissentire, primo tra tutti il termometro. È vero che con la scienza e la tecnica si può produrre neve e mantenerla anche a 25°, ma la questione è culturale, quasi antropologica, si va contro natura senza pensare alle conseguenze sul sistema sociale e la vita di relazione".
L'esercito di ruspe
Così un grande evento sportivo come le Olimpiadi rischia di diventare il passepartout per una nuova cementificazione. "Non è un caso che rinomate località sciistiche della Svizzera e dell’Austria quando è stata proposta loro la candidatura hanno risposto con un "no grazie". Dopo Corea e Russia le Olimpiadi la dimensione delle Olimpiadi è quella di un enorme circo, arriva un esercito di ruspe per creare stazioni enormi, piste che sembrano autostrade, ma le Alpi sono montagne diverse, meritano rispetto e sono già fin troppo antropizzate".
Montagna stravolta
E il rischio è che a rimetterci sia la montagna. "Lo spirito olimpico è nobilissimo, ma tutte queste opere concentrate in un ecosistema delicatissimo come quello della montagna rischiano di essere devastanti. Nonostante i Patti territoriali sulla montagna lombarda, i riferimenti alla Coop 30 e al riequilibrio tra Pil e Bil (Benessere interno lordo che misura la qualità della vita ndr.) si continuano ad adottare azioni che sono contrarie. Al di là delle stazione che ospitano le gare è stupefacente, per dare un contentino, questo spargimento a piene mani di impianti che stanno stravolgendo tutta la montagna lombarda. È tutto scritto in un bel libro di Dematteis, "Inverno liquido", che racconta la crisi dello sci come uno sport di massa, ormai le stazioni a bassa quota non hanno alcun senso. Del resto ormai non si scia neppure più sulla vera neve, la si produce artificialmente, ma di questo passo la montagna rischia di trasformarsi in una colonia della pianura e il montanaro di sparire".