FULVIO D’ERI
Cronaca

"Mele locali e del Trentino. Introiti troppo diversi"

Una decina di soci di Melavì scrive al nuovo manager Gianluca Macchi: "Dovete spiegare il differenziale di 30 centesimi al kg nella remunerazione"

di Fulvio D’Eri

Invertire la tendenza per riuscire a proiettarsi nel futuro in maniera vincente e risollevare le sorti del consorzio Melavì. È questo che chiedono alcuni soci fondatori (una decina) del consorzio valtellinese al neo direttore Gianluca Macchi. Il sodalizio è nato dalle tre cooperative ortofrutticole presenti in provincia di Sondrio e può contare su circa 300 aziende agricole conferitrici di mele.

In una lettera i dieci soci mettono a conoscenza il nuovo manager, subentrato a Luigi Pignataro, delle problematiche maggiori che riguardano il consorzio Melavì. "Lo scopo della missiva – ha detto Mario Pusterla, in rappresentanza anche degli altri soci firmatari – è quello di stabilire un dialogo costruttivo con il nuovo direttore Macchi".

Dopo aver augurato il classico buon lavoro, il gruppo di soci dice chiaramente a Macchi che "dal successo del suo operato dipenderà in gran parte la sopravvivenza delle nostre aziende ormai al collasso".

Di seguito i dati snocciolati dai soci: "Oggi Melavì, rispetto al 2015, ha dimezzato i conferimenti di mele (passati da 330.000 quintali ai circa 150.000 attuali). Nel 2018 Melavì ha pagato mediamente le mele 27 centesimi al chilogrammo, coprendo almeno 5 centesimi con la vendita dei cassoni (la vendita di un bene andrebbe però contabilizzata in diminuzione di un debito e non nel conto economico)".

Nel 2019 c’è stato un ulteriore calo del prezzo pagato al chilo. "Nel 2019 le mele sono state mediamente retribuite 22 centesimi al chilo, contro i 48-50 di alcuni marchi del vicino Trentino. Questo significa che un’azienda valtellinese (in orbita Melavì) deve lavorare 2 anni e 4 mesi per pareggiare i conti con una consorella trentina. D’altronde 22 centesimi sono sotto i costi di produzione di almeno 5 centesimi al chilo. Questo significa che un’azienda che produce 2.000 quintali di mele perde mediamente qualcosa come 10.000 euro l’anno". I soci Melavì dicono che sono stanchi: "Per anni ci è stato proposto un piano industriale del tutto irrealistico, con obiettivi formulati a tavolino senza alcun riscontro con la realtà. Non chiediamo l’impossibile, chiediamo semplicemente di avere una fotografia della attuale situazione economica e finanziaria di Melavì, di avere obiettivi credibili e verificabili. E di ricreare rapporti con le aziende produttive (circa 300400 sui 1.000 soci che formano il consorzio, ndr.) basati sulla fiducia e reciproca collaborazione. Nel 2015 la differenza tra i prezzo pagato a noi e quello pagato dai consorzi in Trentino era di soli 10 centesimi. Quali sono i costi di gestione della Cooperativa e come si spiega il differenziale di 30 centesimi al chilo tra la nostra liquidazione e quella del Trentino?".