FEDERICO MAGNI
Cronaca

Confortola ha mentito sulla conquista di tutti gli 8mila? “Mancano le prove in vetta. Rispetto per chi è morto inseguendo un sogno”

Lo scalatore Marco Confortola, “Selvadek” della Valfurva, ha annunciato di aver raggiunto la cima del Gasherbrum I in Pakistan: “Conquistate tutte le 14 montagne”. Ma il mondo dell’alpinismo è (di nuovo) in rivolta. Il Cai: “La corsa agli ottomila non ha senso, confidiamo nel rispetto della verità”

Confortola ha mentito sulla conquista di tutti gli 8mila? “Mancano le prove in vetta. Rispetto per chi è morto inseguendo un sogno”

Valfurva (Sondrio) - Dopo che Marco Confortola, alpinista, soccorritore e guida alpina valtellinese, è rientrato dall’ultima spedizione in Pakistan annunciando di aver raggiunto la cima del Gasherbrum I (8.080 metri) con due sherpa e quindi la “conquista di tutti i 14 ottomila”, nell’ambiente alpinistico, quello che all’inizio era solo un mormorio, è diventato un lamento sempre più forte.

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Mentre in molti si affrettavano a celebrare l’impresa del “Selvadek” della Valfurva e in televisione si susseguivano i servizi sul “Cacciatore di ottomila” il boccone da mandare giù, soprattutto per chi alle montagne di ottomila metri, scalate con una certa etica (senza ossigeno, senza portatori d’alta quota), ha dedicato tutto la sua vita con fatica, sacrifici e rischiando la pelle, è diventato evidentemente sempre più amaro.

Marco Confortola
Marco Confortola

Ed è così che anche il Club alpino italiano, attraverso il portale de “Lo Scarpone” (la sua storica rivista) con la firma di Guido Sassi che ha raccolto le testimonianze di diversi alpinisti specialisti dell’aria sottile, ha voluto mettere le cose in chiaro. Nella storia dell’alpinismo ci sono stati casi di conquiste che sono state messe in dubbio ed ogni volta sono inevitabilmente finite sotto i riflettori.

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Silvio Mondinelli, che già nel 2007 aveva salito tutti gli ottomila senza utilizzare bombole di ossigeno, ha ricordato il caso dell’Annapurna (8091 metri), nel 2006, quando sulla montagna nepalese era impegnato anche Confortola. "La vera cima l’abbiamo fatta io e uno sherpa. E dopo, lui (Confortola, ndr) è arrivato sulla cresta, ma non è venuto sulla cima. Facciamo che mancava ancora mezz’ora”, scrive Mondinelli.

Gasherbrum I
La foto del Gasherbrum I pubblicata sui profili social di Confortola

Poi c’è il caso del Nanga Parbat (8.126 metri), nel 2022, quando era stato lo stesso scalatore valtellinese a raccontare di aver rinunciato alla cima: “Raggiunta la sommità della montagna ho razzolato per diversi minuti alla ricerca delle bandiere nepalesi che indicano la vetta, la bufera di neve (arrivata poco dopo questo video) e il freddo mi hanno fatto desistere nel continuare e ho iniziato la discesa (…). Ora a bocce ferme, sono sereno, per quanto possa esserlo una persona che arriva ad un passo dall’obiettivo e non riesce ad afferrarlo”, scriveva sulla sua pagina Facebook.

C’è poi il caso del Kangchenjunga (8586 metri). Dopo aver annunciato la conquista Confortola aveva postato una foto del suo orologio con la quota e un'immagine che poi lui stesso aveva ammesso non essere era sua, ma che era stata postata per eccesso di zelo dal ragazzo del suo staff che aiutava con i social e che aveva commesso l’errore. La foto era stata ritagliata da un’immagine scattata dallo scalatore Shehroze Kashif, che aveva raggiunto la cima quel giorno.

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Allo "Scarpone" parla anche Simone Moro, lo specialista bergamasco delle invernali sugli ottomila: "Lo dico a favore della verità e non contro qualcuno, perché a tutti è chiesto di fornire prova di ciò che si fa. Lo si chiede a Confortola, come a Camandona, come a Mondinelli e al sottoscritto. Dal momento che ci sono state salite storiche che, mancanti di prove, sono state messe in dubbio – pensiamo a Maestri, persino allo stesso Messner – mi sembra giusto che sia usato lo stesso metro per tutti".

Anche Mario Panzeri, scalatore lecchese che ha salito tutti gli ottomila senza ossigeno, ha fatto sentire la sua voce: "E' una questione di rispetto anche nei confronti di tutti quelli che sono morti per inseguire questo sogno. Pensiamo a Christian Kuntner, scomparso sull'Annapurna nel 2005 mentre tentava il suo ultimo ottomila. Io e Mario Merelli siamo dovuti tornare per tre volte sullo Shisha Pangma per salire la vera cima. Non si possono trovare scorciatoie".

Resta da capire perché nel 2025 ha ancora senso parlare di “conquista dei 14 ottomila” per "vendere" l’impresa. Messner ci riuscì ormai quasi 40 anni fa e nel frattempo l'alpinismo si è evoluto. Ci sono scalatori che aprono nuove vie sulle montagne di ottomila metri, che fanno concatenamenti in velocità, senza ossigeno né portatori. Ci sono alpinisti che combinano arrampicata libera su pareti inviolate a discese in parapendio, quelli che salgono cime sconosciute dandogli un nome, quelli delle prime invernali, quelli sui settemila mai saliti, quelli che affrontano avvicinamenti infiniti, pericolosi, per provare a scalare montagne viste solo su una vecchia fotografia. Resta da capire anche per quale motivo gli sponsor scelgano ancora di investire su un alpinismo di annunci che vende imprese ormai decotte piuttosto che sull'alpinismo esplorativo che in Italia vanta tanti protagonisti.

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Il presidente generale del Cai, Antonio Montani, ha così commentato la vicenda: “Premetto che la corsa agli ottomila è finita da diversi decenni e non ha più alcun senso. Come Club Alpino Italiano vogliamo confidare nella lealtà di chi pratica questa disciplina, che ha forti connotazioni ideali, come è l’alpinismo, nell’attestare sempre la veridicità di quello che accade. È importante che chi affronta imprese così impegnative lo faccia non solo con coraggio, ma anche con senso di responsabilità verso la comunità alpinistica, nel rispetto della verità e della trasparenza. Solo così si preservano i valori profondi che rendono l’alpinismo una pratica culturale, etica e non solo sportiva”